Paola Somma
«I giornali della borghesia sono gongolanti perché Venezia è piena di gente, chi si accorge che la vita di questi giorni è fittizia? È vita solamente di esercenti e di albergatori. La borghesia che governa la città abbandona tutto alla deriva. Basta l’industria del foresto. Gaia Venezia, solo l’avvento del proletariato potrà fare di essa la città del lavoro sano e virile, perché solo esso vi avrà un interesse diretto e permanente» (Gaia Venezia, «Il secolo nuovo», 23 agosto 1919).
Un secolo fa, i cronisti del quotidiano socialista «Il secolo nuovo» osavano definire vita fittizia quella di una città in balia di esercenti e albergatori. Oggi, la ri-presa di Venezia, intesa nel senso letterale di ri-occupazione da parte degli investitori turistici dopo la tregua imposta dal Covid, è salutata con unanime entusiasmo dalla libera stampa che da alcuni mesi ci subissa con le cronache del meraviglioso Rinascimento in atto. Non solo i giornali dichiaratamente vicini all’amministrazione comunale esultano perché «i grandi marchi internazionali tornano a scegliere Venezia come palcoscenico per il lancio dei loro prodotti, portando lavoro ed economia in laguna e rilanciando nel mondo l’immagine di una città che, come poche altre, anche in tempi difficili mantiene il proprio fascino» («Il Metropolitano», 17 agosto 2021), ma tutte le testate nazionali si rallegrano perché Venezia sta «risorgendo con le sue forze dall’incubo del Covid» e sottolineano come questi eventi diano «un contributo importante all’indotto di ristoranti, alberghi e servizi» («Il Sole 24 Ore», 30 agosto 2021).
Tra gli eventi a cui si fa riferimento spiccano le sfilate di moda che si susseguono una dopo l’altra in prestigiose location, tanto che l’inviato de «la Repubblica», dopo essersi chiesto «Venezia nuova capitale della moda?» ha sentenziato «perché no» («la Repubblica», 17 luglio 2021). Ovviamente, tutte le location sono spazi ed edifici pubblici l’accesso ai quali viene impedito ai cittadini.
A metà luglio, in concomitanza con la riunione dei G20 all’Arsenale, Saint Laurent ha scelto come passerella l’isola della Certosa, dove ha fatto erigere un apposito padiglione, il cui progettista, l’artista statunitense Doug Aitken, ritiene che «il luogo suggerisca un paesaggio post apocalittico… Venezia ha un bellissimo arcipelago che esprime questa sensazione di dimenticato e proibito, come se fosse bruciato». In realtà, la Certosa è destinata dagli strumenti urbanistici a parco pubblico, ma è stata data in concessione alla società Vento di Alberto Sonino, un imprenditore «impegnato da anni a rigenerare e rilanciare l’isola a suon d’investimenti in sostenibilità, natura, ristorazione, hospitality» il quale, al termine dell’evento, ha dichiarato «mi aspetto un grande ritorno da questa serata… non economico, ma di immagine» («Artribune», 15 luglio 2021). Durante il montaggio del padiglione, “per errore” sono stati distrutti i nidi delle rondini che popolano l’isola, ma la maison si è dispiaciuta e ha assicurato che, oltre a piantare nuovi alberi, «ricostruirà e riposizionerà» i nidi cosicché «gli animali disorientati e cacciati potranno tornare a fringuettare». Il nobile gesto è stato così commentato: «Saint Laurent contribuisce alla rigenerazione urbana di un ecosistema unico» («Artribune», 15 luglio 2021); «il brand francese lascia un’impronta sulla città al di là del faraonico show. Bella mossa!» («D di Repubblica», 17 luglio 2021). Chi ci invita a manifestare riconoscenza per «il dono di Kering», che detiene il marchio Saint Laurent, dimentica che il padrone del gruppo è François Pinault, al quale la città ha già dato in generosa concessione Punta della Dogana, ed ha insignito della cittadinanza onoraria, oltre che del premio Torta per il restauro.
Il giorno dopo «l’astronave di Saint Laurent, con a bordo i suoi ragazzi magri e inquieti» («D di Repubblica», 16 luglio 2021), è andato in scena Valentino, marchio di proprietà di un fondo del Qatar (e da tempo nelle mire di Bernard Arnauld, padrone di LVHM, che a Venezia gestisce il Fondaco dei Tedeschi). Quest’anno Valentino ha sponsorizzato la Biennale Teatro, che si è tenuta dal 2 al 11 luglio. Non si poteva quindi negargli «uno strepitoso Arsenale… una location da togliere il fiato» per un evento, trasmesso in live streaming in tutto il mondo, che ha sancito «il fidanzamento tra fashion e arte contemporanea con scenario Venezia». La Biennale, che peraltro non è proprietaria dell’Arsenale, non ha reso note eventuali stime del ritorno economico che il brand ricaverà dall’evento, che è stato da tutti presentato come un “omaggio” a Venezia. Con «un gesto d’amore che continua a sostenere la cultura» Valentino ha inserito alle Gaggiandre, «una struttura poco conosciuta rispetto ad altri punti della città», una passerella sul filo d’acqua, con gli spettatori tutti vestiti di bianco a fare a sfondo, mentre «i riflessi di colore dei vestiti delle modelle riverberavano correndo sull’acqua» («VeneziaToday»). Il gruppo Valentino ha sottolineato come l’allestimento sia stato concepito in modo da mantenere «intatto l’assetto della location storica». A differenza della Certosa dove «è stato creato dal nulla un gigantesco spazio pubblico nuovo… la maison ha escluso qualsiasi intervento architettonico che potesse alterare la cornice naturale dello spazio, solo interventi di servizio» («Artribune», 15 luglio 2021). Valentino, soprintendente subito!
Dopo il passaggio delle grandi multinazionali della moda, il momento culminante della gloriosa estate veneziana è stata la tappa, di tre giorni, del grand tour di Dolce & Gabbana, capitani d’industria italianissimi (nel 2014 la sentenza di primo grado che li aveva condannati per aver trasferito in Lussemburgo la sede della società è stata annullata con la motivazione che «non é reato sfruttare le opportunità di risparmio fiscale») che ogni anno scelgono una piazza per le loro sfilate e quest’anno hanno puntato su Venezia. «Quando abbiamo deciso di organizzare le sfilate a Venezia, ci siamo detti perché non proviamo a chiedere di sfilare in piazza San Marco? Nella peggiore delle ipotesi ci prenderanno per pazzi e ci diranno di no….nella migliore diranno di si…» («Il Sole 24 Ore», 30 agosto 2021). La loro scommessa si è rivelata vincente, né avrebbe potuto essere altrimenti, dal momento che «la collaborazione con il sindaco, il Comune e le altre istituzioni coinvolte è stata continua e costruttiva» («Il Sole 24 Ore», 30 agosto 2021). Grazie a tale collaborazione hanno scelto «alcuni dei luoghi più iconici (dove) tutta la città parteciperà simbolicamente ai nostri eventi» («Corriere del Veneto», 2 settembre 2021) e hanno ottenuto di utilizzare la Scuola Grande della Misericordia, un edificio monumentale in concessione alla società Umana, di proprietà del sindaco Luigi Brugnaro, la Scuola Grande di San Rocco, la Pescheria di Rialto, il Casinò municipale, l’Arsenale, Palazzo Ducale e piazza San Marco, senza però «coinvolgere la Basilica», come avevano richiesto.
Così a «San Marco griffata» («il Gazzettino», 27 agosto 2021) è stata inserita una passerella rossa e tavolini “in stile” per i cinquecento ospiti di D&G (arrivati dalle Americhe, dagli Emirati, dalla Russia, mentre per i cinesi sono state allestite presentazioni digitali) che hanno applaudito l’arrivo delle modelle in gondola, prima della cena nel cortile di Palazzo Ducale. Con apposita ordinanza il Comune, oltre a decretare il divieto di transito in piazza (con multe ai trasgressori fino a cinquecento euro) e la sospensione di alcuni approdi dei mezzi pubblici, ha concesso deroghe al traffico dei taxi gran turismo in Canal Grande e deroghe alle norme che limitano i rumori a salvaguardia della quiete pubblica. Per felice coincidenza, all’inizio della sfilata è stata cantata l’aria Nessun dorma, dalla Turandot di Puccini.
L’affitto della città a D&G avrebbe portato cinquecento mila euro al Comune, non sono però noti i costi rimasti a carico delle casse pubbliche, a cominciare dalle spese per la sicurezza, e «qualche milione di indotto» (La Nuova Venezia, 1 settembre 2021). Soldi ben spesi per D&G «è cosi che ci piace… coinvolgendo il posto e la gente che ci ospita… la più grande soddisfazione è quando ci fermano per le calli e ci dicono: ogni settimana dovrebbero esserci eventi cosi a Venezia, grazie!» («Corriere della Sera», 30 agosto 2021) e soldi ben intascati dalle categorie che ne hanno beneficiato. Sconcertante, e indecente, appare quindi la posizione dell’associazione piazza San Marco, che riunisce gli esercenti della piazza (i quali grazie al Covid hanno già ottenuto plateatici gratis e riduzione delle imposte) il cui presidente ha detto: «Ci saranno dei piccoli disagi per i cittadini… ma soprattutto per le attività economiche… noi siamo favorevoli ad iniziative che valorizzano la qualità e la bellezza del nostro artigianato nel mondo. È un evento privato che saprà dare lustro all’immagine della città, avrà una ricaduta positiva sulle attività economiche ed è stato organizzato cercando di collaborare con le attività di piazza San Marco e dei Gran Caffè di Piazza…. Ma ci auguriamo che ogni qualvolta vengano permessi questo tipo di eventi si tenga in considerazione del danno subito dal singolo e che, se è prevalente un interesse pubblico, venga quantomeno riconosciuto un ristoro economico, soprattutto, in questi anni così difficili» («Il Gazzettino», 27 agosto 2021).
Ai primi di settembre è poi arrivata Alberta Ferretti, che ha scelto il museo di Ca’ Rezzonico per “un evento benefico”, patrocinato dal Comune nell’ambito delle celebrazioni per i (presunti) 1600 anni della nascita della città, con la collaborazione dell’associazione degli albergatori, a sostegno della fondazione dei Musei Civici (la fondazione che tiene chiusi i musei quando ci sono pochi turisti). «Sono onorata di essere stata invitata dalla città di Venezia per celebrare un evento così importante della sua storia…. Venezia è una città magica che amo e che mi ha sempre sostenuta» ha detto la stilista. E non è finita qui. Il 7 settembre il sindaco Brugnaro durante “l’inaugurazione” del ponte di Rialto, come senza pudore è stata definita la cerimonia della posa della lapide celebrativa di Renzo Rosso, che ha versato cinque milioni di euro per il restauro del ponte in cambio di una serie di concessioni, il cui valore di mercato non viene quantificato dai pubblici amministratori che preferiscono parlare di “beneficenza”, ha detto che sta cercando di «convincere Renzo a sfilare a Venezia».
In questi giorni, sono venuti in città sia il Presidente della Repubblica, che ha visitato l’Arsenale, che il ministro Franceschini. Non un parola da parte loro per la continua requisizione di spazi pubblici a vantaggio di interessi privati. Il ministro Franceschini ha solo detto di non essere favorevole all’introduzione di “tornelli per i turisti”, dimenticando che al momento i tornelli servono solo per tener fuori gli abitanti. Non si è espresso a proposito della consegna della città ai proprietari dei grandi marchi della moda. Sul tema, però, già nel 2016, inaugurando Pitti Immagine Uomo, aveva proclamato: «È strano che io sia il primo ministro della Cultura che inaugura questo evento… la moda è una delle carte vincenti della credibilità italiana nel mondo e investire sulla moda è un dovere del ministro della Cultura». E in quell’occasione, aveva lanciato «un patto tra mondo della moda e mondo della cultura». «Voglio agire senza barriere ideologiche o snobistiche» aveva spiegato «voglio aprire tutti i luoghi della bellezza, compresi i musei, all’industria del fashion… l’obiettivo è che moda e cultura a braccetto diventino un formidabile veicolo di attrazione economica e turistica». Obiettivo pienamente raggiunto da Venezia che, come si vanta l’assessore al turismo «sta diventando la città degli stilisti e degli artisti, la città sta tornando a splendere, la ricaduta è importante per tutta la filiera turistica».
Fotografia di Gerd Altmann da Pixabay.
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