Il Gattopardo Sangiuliano: Atreju e tagli al personale

Tomaso Montanari

“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Il cinico realismo del Tancredi di Tomasi di Lampedusa è – tanto, appunto, per cambiare – il motto perfetto per l’avvicendamento alla guida del Ministero della Cultura. Con l’arrivo dell’estrema destra di matrice fascista alla guida del feudo post-democristiano di Dario Franceschini il vero rischio è che non cambi assolutamente nulla. Certo, cambiano le consorterie: i musei e le fondazioni già passano dal sottomondo veltronian-franceschiniano a quello di Atreju. Cambiamo le Melandri, ma l’eterno metodo della lottizzazione rimane quello. E, soprattutto, rimane identico il modello di sfruttamento economico, a trazione privata, del patrimonio culturale della nazione.

Proprio mentre il nuovo ministro Gennaro Sangiuliano si presentava alle commissioni cultura riunite di Camera e Senato, l’associazione “Mi riconosci” postava su Twitter questa testimonianza: “Salve, voglio raccontarvi la situazione in cui versiamo noi lavoratrici e lavoratori del Museo nazionale romano, ma anche, e forse soprattutto, le condizioni che si prospettano, nel futuro molto prossimo, per le quattro sedi del museo simbolo di Roma antica. Dal post pandemia, a differenza di tutti gli altri musei e siti archeologici, il Mnr ha attuato una drastica riduzione degli orari di apertura, passando da un orario 9-19 a 11-18 (17 alle Terme di Diocleziano) sospendendo anche i servizi di guardaroba e controllo accessi, con conseguente ricaduta occupazionale. A tutt’oggi vige quest’orario, penalizzante per scolaresche e per i tanti visitatori paganti che lamentano, ovviamente con chi sta al fronte, la riduzione di orario (e, soprattutto questa estate vi assicuro, sono stati tanti…). È facile intuire come quest’orario influisca negativamente sulla qualità di vita delle lavoratrici/lavoratori in quanto compromette il tempo da dedicare alla famiglia o ad altre necessità non meno importanti nella vita di tutti noi. Siamo stanche e stanchi e pure tanto!!! Ci sentiamo sviliti ed umiliati di dover mangiare di nascosto, di correre per fare la pipì e dover continuamente chiedere scusa ai visitatori per qualche minuto di assenza. A tutto questo aggiungiamo la riduzione di stipendio, perché non si riesce più a raggiungere le ore stabilite da contratto (il nostro contratto multiservizi prevede la paga in base alle ore lavorate). E lo stress psicologico dal non sapere cosa succederà in un futuro prossimo . … Spero abbiate voglia di darci ascolto”. Testimonianze come questa potrebbero moltiplicarsi: come la costruzione delle piramidi egiziane, anche il patrimonio culturale della moderna democrazia italiana si regge sulla pelle di schiavi.

Nel suo intervento il nuovo ministro ha riconosciuto che delle 18.854 unità previste dalla pianta organica del MIC, ne sono coperte solo 10.984. Ora, lasciamo perdere che egli accetti passivamente la riduzione operata da Franceschini, che ha arbitrariamente cancellato il fabbisogno minimo di quel Ministero chiave (25.500 posti): il dramma è che Sangiuliano prospetta di arrivare (e solo entro il 2024, con ulteriori pensionamenti!) ad assumere solo 3.633 persone, ammettendo una bancarotta che nessun ministro responsabile potrebbe accettare. Basterebbe questo dato a fare capire che nulla cambierà: il patrimonio culturale italiano continuerà ad essere abbandonato all’80% e ipersrfruttato nel 20% delle sue emergenze turistiche.

Del Resto, il discorso dell’ex direttore del Tg2 conferma, oltre ogni dubbio, che la visione è sempre quella: il petrolio d’Italia. I biglietti dei musei dovranno aumentare (su basi filosofiche:“il Louvre costa 17 io vi domando… ma gli Uffizi il cui biglietto costa 12 valgono meno del Louvre?”), e al Pantheon (che “è anche una chiesa”), dovrà essere messo un biglietto d’ingresso (chissà se il ministro sa che fu il papa a fermare questa sporca operazione). Quest’ultimo passaggio è interessante: non c’è radice cristiana, non c’è “sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana”, non c’è osservanza monarchica che tenga: e a chi vuol pregare sulla tomba dei re d’Italia al Pantheon sarà la destra estrema a imporre il biglietto. Più forte di Dio, patria e famiglia è il dio Denaro: sai che novità. Poi bisognerà esporre tutte le opere in deposito (la mania dei semicolti: come se avessimo un problema di scarsità di offerta culturale!), e continuare ad occuparsi dei pochi centri block-buster: fare gli Uffizi 2 (e magari anche tre o quattro), in Italia o “anche su un fronte internazionale” – perché non nella culla del Rinascimento saudita tanto cara agli amichetti del Terzo polo?

Insomma, torna tutto l’ambaradam di Franceschini, come se nulla fosse. Tutto pur di non fare l’unica cosa utile: assumere, ora e subito, tutto il personale che serve, e far vivere il patrimonio “minore” diffuso in tutto il Paese. “Che noia che barba, che barba che noia!”


Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 5 dicembre 2022.

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