Paola Somma
A pochi giorni dall’apertura della Mostra del cinema al Lido di Venezia, si è avuta notizia della vendita dell’hotel Excelsior, il cui ricavato dovrebbe consentire il restauro e la riapertura del vicino hotel Des Bains. Fra i più entusiasti perché, dopo dodici anni di abbandono, “il gioiello liberty che ha ospitato il primo incontro tra Hitler e Mussolini è pronto a rinascere a nuova grandezza” (Corriere, 13 maggio), il deputato del PD Nicola Pellicani, che invoca un intervento dello Stato per salvare il Des Bains “parte del patrimonio storico e culturale dell’intero paese” e si auspica venga recuperato un buon rapporto tra pubblico e privato “per rilanciare l’isola del Lido che deve diventare un volano per Venezia”, e Vittorio Sgarbi che telefonerà a Silvio Berlusconi per domandare il suo aiuto. Per entrambi, non solo sembra acqua passata la sciagurata vicenda di cui la recente transazione immobiliare è l’esito, ma irrilevante il fatto che, assieme all’albergo, sia stata ceduta la spiaggia antistante.
Tutto iniziò vent’anni fa, quando l’amministrazione del sindaco Massimo Cacciari, a caccia di denaro per costruire un nuovo Palazzo del Cinema, acquistò dall’azienda sanitaria l’ospedale del Lido e ne cambiò la destinazione urbanistica per consentirne la trasformazione in struttura turistico ricettiva. Con una serie di passaggi di proprietà, l’ospedale confluì nel fondo immobiliare Real Venice, gestito da Est Capital, una società creata da Gianfranco Mossetto, già assessore alla cultura della stessa giunta Cacciari, che arricchì il proprio portafoglio acquisendo l’Excelsior e il des Bains dal gruppo Starwood. Da allora il Des Bains, che Mossetto intendeva frazionare in residenze di lusso, è chiuso e, oltre a versare in condizioni di degrado, è stato depredato di mobili e arredi.
L’audace impresa di Mossetto finì nel 2014, quando il fondo, oberato di debiti con le banche e contenziosi col fisco, fu commissariato dalla Banca d’Italia, e la sua gestione fu affidata a Hines Italia, che nello stesso periodo cambiò denominazione in Coima. Fra i nuovi quotisti del fondo entrò London & Regional Properties Group, una società di investimento inglese, con un portafoglio di nove miliardi di sterline e circa dodici mila camere d’albergo, da Londra a Barcellona alle Cayman, che divenne anche il gestore dell’Excelsior.
Per Manfredi Catella, amministratore delegato di Coima, i due alberghi erano solo una parte di un piano di “rigenerazione dell’isola lagunare”, che avrebbe dovuto rappresentare “un progetto pilota nel turismo per l’Italia”, totalmente in sintonia con la visione dell’amministrazione comunale che, attraverso la sua Agenzia Sviluppo Venezia, nel 2017 predispose un master plan per far diventare il Lido “l’isola del lusso” e presentò agli investitori “una veduta a volo d‘uccello dell’isola con l’indicazione dei possibili contenitori ad uso alberghiero”.
In quell’occasione il prosindaco del Lido dichiarò “tutti hanno capito che il Lido è attualmente sotto finanziato e sottovalutato e con la ripresa immobiliare in arrivo e la vicinanza con la Venezia storica, ormai satura di posti letto alberghieri, può diventare un’opportunità di investimento per un nuovo turismo di fascia alta”. Per ridisegnare l’intera isola, Catella costituì anche un gruppo di noti architetti, ma il piano subì rallentamenti per l’indisponibilità delle banche a fornire altro denaro al fondo.
Ora, con la vendita dell’Excelsior a London & Regional Properties, per circa cento trenta milioni di euro, una cifra superiore alle stime di perizia, Catella conta di ripianare parte del debito e di ottenere nuovo credito dalle banche per valorizzare il Des Bains “attraverso il ripristino della sua destinazione originaria ad hotel e l’inserimento di elementi evocativi del contesto di arte e cultura in cui il complesso si inserisce, con l’obiettivo di creare un legame tra memoria del passato, differenti culture e nuove generazioni”.
Per procedere, Catella che si è sempre dichiarato “favorevole a favorire ogni collaborazione con il comune di Venezia, con le autorità competenti e le associazioni locali”, ritiene indispensabile un gioco di squadra con le pubbliche istituzioni. Perciò, oltre al potenziamento dell’aeroporto e relativi collegamenti, chiede che il comune utilizzi i proventi degli oneri di urbanizzazione per valorizzare il lungomare, cioè lo spazio pubblico tra i suoi alberghi e la spiaggia che ha ceduto ad uno dei quotisti del suo stesso fondo. Aspetto, questo, su cui nessun commentatore ha espresso perplessità.
Al momento dell’inserimento nel fondo immobiliare, Excelsior e Des Bains avevano alcuni cespiti ancillari, tra cui le concessioni delle spiagge antistanti che, in teoria, dovrebbero andare a gara nel 2024. Ma in Veneto, regione virtuosa e di fatto autonoma, una legge del 2002 consente già di procedere ad assegnazioni e rinnovi delle concessioni e, anche se alcuni articoli della legge sono stati dichiarati incostituzionali con sentenza della Consulta, noi siamo padroni a casa nostra.
Così, Catella ha ottenuto il rinnovo per vent’anni della concessione che ha ora ceduto a London & Regional Properties. E va detto che non si tratta dei bagni della pensione Mariuccia, ma della spiaggia più cara d’Italia, dove, nel 2020, l’affitto di una capanna con un lettino, due sdraio, un tavolo, quattro sedie e tre asciugamani costava quattrocentocinquantatré euro al giorno.
Nei documenti del Demanio le spiagge di Coima, e alcune altre fra le più lussuose, non risultano quindi tra quelle che saranno, forse, messe a gara. “Grazie a Dio”, ha detto il presidente dei balneari del lido “in questo momento di incertezza il demanio ci sta aiutando”. Piacerebbe aiutasse anche noi a riprenderci la spiaggia.
Fotografia da Wikimedia Commons.
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