Vittorio Emiliani, La città al ribasso. Tra turisti take-away e tavolini à gogo

Prima dell’epidemia e delle chiusure, si discuteva se a Roma convenisse un modello di turismo tutto basato sul consumo veloce e di massa. Tipico – guarda caso – quello dei Cinesi, una parte

dei quali crocieristi da Civitavecchia: frequentatori di grandi alberghi, ma per una notte essendo i loro soggiorni romani limitati a 1,5 giorni nel 2018, 5° posto assoluto, dopo i visitatori più tradizionali i quali ancora restano a Roma, mediamente, sui 3 giorni. Quindi un modello di turismo “onnivoro”, alto per spesa, ma bassissimo per soggiorno.

Nel contempo era drasticamente cambiata l’offerta turistica nella “città di Nathan (da Mazzini a Testaccio passando per il centro): caratterizzata cioè dalla presenza delle case vacanza (47,8%) seguite da affittacamere (30,2%) e Bed & Breakfast (10,3%). Turismo “povero” quindi. Però “di occupazione” della città.

Secondo studi del I Municipio e della Caritas, di fatto coincidenti, altri 10.000 romani sono stati “espulsi” dalla città storica negli ultimi anni di “boom” di queste strutture ricettive o si sono autoespulsi per affittare i loro alloggi centrali. Ulteriore spopolamento molto allarmante che, a cascata, si trascina dietro la chiusura di tante imprese artigiane di qualità.

Ci sono cifre impressionanti per la Venezia storica dove dal 1976 al 2018 – secondo Confartigianato – la popolazione è crollata da 102.000 a 54.000 residenti (-47,00 %) e gli artigiani, spesso qualificatissimi, per l’alta moda, da 2.207 a 1.087 appena (- 50,74 %). Analogamente a Firenze dove una miriade di imprese della pelletteria lavoravano per Parigi, Tokio, New York, Milano, ecc. e in parte lavorano tuttora.

E’ utile ridurre e in qualche modo condannare Venezia-Firenze-Roma al “divertimentificio” turistico? O non è molto più utile – oggi più che mai – salvaguardarne la componente “produttiva”, di piccole qualificatissime imprese, giovanili, tecnologizzate e altamente creative? E’ un fato inesorabile adagiarsi sul flusso di massa e lasciarsi trasportare a Disneyland & Movidas Company al dolce profumo di Moitos? E in realtà moltiplicare locali, localetti, localucci dove alcol e droga viaggiano forte?

Con l’estensione della occupazione di suolo pubblico (OSP) il responsabile della Commissione comunale, il 5 Stelle Andrea Coia, tenta di offrire spazi dilatati ai romani anzitutto e a quegli italiani ancora affascinati dai “totem” della Città Eterna come la Fontana di Trevi felliniana. Dilatazione potenziata dalla cancellazione – accettata dal ministro Franceschini – di possibili “no” della Soprintendenza. Dunque non ci saranno limiti alle occupazioni private di suolo pubblico anche laddove più forte è l’identità storica (quindi l’attrazione turistica) di Roma. Identità che però, come il suolo, è un patrimonio pubblico: la mejo Roma, il fior fiore di Roma. Nel medio-lungo periodo vale la pena di giocarselo così in fretta e al ribasso? Provvisoriamente, si ribatte. In Italia, a Roma, sin qui, nulla è risultato più stabile del provvisorio.

Repubblica, Cronaca di Roma 24 maggio 2020

foto: https://roma.repubblica.it/cronaca/2019/07/14/foto/fontana_di_trevi_troppi_turisti_scatta_il_contingentamento-231158872/1/#1