Tomaso Montanari, Padova, l’idea malsana dell’ospedale sulle mura

“Le cose belle lo sono meno se fuori posto: la perfezione dipende dalle convenienze e le convenienze dalla ragione”: la sentenza del grande moralista del Seicento

francese Jean de la Bruyère si adatta a meraviglia al controverso caso della nuova Pediatria dell’Ospedale di Padova. Perché nessuno ha il minimo dubbio sul fatto che Pediatria sia una cosa bella: anzi, vitale. Ma appare assai poco conveniente e ragionevole costruirla, in forma di casermone colossale, su un nodo nevralgico delle mura cinquecentesche della città, che proprio ora dovrebbero finalmente essere tutelate e valorizzate da un Parco.

È proprio la loro enorme estensione che, unita alla dilatazione della città moderna, fa delle mura veneziane un ‘monumento invisibile’: un monumento che bisogna andare a cercarsi. E che, però, quando lo si cerca, si fa trovare: ed appare in tutta la sua imponenza. Undici chilometri di cortina muraria, cinque porte tuttora esistenti, 15 torrioni e quattro baluardi: un ‘segno’ architettonico ed urbanistico non ben conservato quanto quelli analoghi di Lucca o Ferrara, ma non meno importante. E accanto alle opere in muratura, ci sono quelle in acqua: perché le mura erano accompagnate da un sistema di canali che al tempo stesso servivano per aumentare la funzione difensiva e per accelerare le comunicazioni. Insomma, un complesso, meraviglioso sistema di governo della città e dell’ambiente: costruito da quella serenissima Repubblica di Venezia che del governo dell’ambiente (a partire dalla Laguna) aveva fatto il suo capolavoro culturale e politico.

E non è forse un caso che proprio oggi siamo dispostissimi a sacrificarne un pezzo cruciale, sbarrando definitivamente la strada al recupero di tutto il sistema-mura: oggi che facciamo i conti con la nostra incapacità di governare le città secondo giustizia, e l’ambiente secondo una sostenibilità proiettata nel futuro.

La Nuova Pediatria sarà un parallelepipedo di 55mila metri cubi, con una base di 72 per 35 metri e un’altezza di oltre trenta metri per dieci piani. Esattamente il doppio degli edifici ospedalieri di cui prenderebbe il posto, e che invece si sperava di vedere abbattuti e rimossi dal baluardo Cornaro: il primo e il maggiore dei due grandi bastioni progettati dall’architetto veronese Michele Sanmicheli, e costruito nel 1539-1540, quand’era capitano di Padova il veneziano Girolamo Cornaro.

Il cemento del nuovo padiglione gigante sorgerà a 17 metri dal baluardo e a 24 dalle mura: pare infatti che non si trovi traccia di un vincolo paesaggistico che imponga una tutela indiretta della cinta muraria. In altre parole, è vietato solo buttarle giù con la dinamite, ma non distruggerne la visuale o assediarle con tubi e cemento. Sarà la soprintendenza – decapitata di recente dalla prematura scomparsa del suo capo, l’architetto Andrea Alberti – a dire l’ultima parola, ma è evidente che le pressioni politiche ed economiche sono fortissime.

È palpabile l’irritazione del dirigente generale dell’Azienda ospedaliera padovana, Luciano Flor, che ha dichiarato che “se non si farà la nuova pediatria non si faranno nemmeno il Parco delle Mura né l’ospedale a Padova est. Salta l’accordo firmato da Regione e Comune”. Ora, i ricatti non sono notoriamente mai un buon viatico per sciogliere i nodi politici: ed è evidente che non è saggio usare come una clava le sacrosante aspettative del “Forum delle associazioni amiche della Pediatria” (cioè i genitori, le famiglie e gli amici dei piccoli degenti). Tutti a Padova vogliono una nuova e grande pediatria, a partire dai membri del Comitato Mura di Padova: che hanno figli e nipoti e tengono alla loro salute e a quella di tutti.

Il punto è se sia davvero necessario farla lì, in un luogo tanto strategico per il patrimonio culturale. Una saggia soluzione è stata proposta dalla sezione padovana di Italia Nostra, presieduta dall’architetto Titti Panajotti: “Liberare l’area di via Giustiniani consentirebbe di rivedere il progetto della Nuova Pediatria e consentirebbe la realizzazione di edifici di altezza compatibile con l’intorno”. E l’architetto Vittorio Spigai, già professore di progettazione architettonica e urbana allo Iuav, ha spiegato: “Si è ancora in tempo, il progetto esecutivo è appena iniziato. Non si chiede affatto di fermare l’intervento. Il nuovo polo di Pediatria va costruito al più presto e i fondi disponibili utilizzati; ma si può edificare identica volumetria su 4-5 piani, e non sui 10 previsti, utilizzando i terreni di proprietà dell’Ente ospedaliero situati a confine di via Cornaro. Alcuni dei più rinomati ospedali pediatrici italiani sono di 2-4 piani e pertanto la tipologia a torre non è affatto una strada obbligata”.

Proprio in quel Cinquecento a cui risalgono le mura padovane, Raffaello spiegava a papa Leone X che, invece di distruggere le rovine di Roma antica per costruire la modernità, “cerchi Vostra Santità, lasciando vivo il paragone degli antichi, agguagliarli e superarli come ben fa con grandi edifici”. La lezione è chiara: non ha senso mettere in competizione passato e presente, è possibile costruire cose nuove e moderne senza distruggere quelle antiche. Così come non ha senso contrapporre il diritto alla salute al diritto alla cultura: “Sortirne da soli è avarizia – ha scritto don Milani –, sortirne insieme è politica”.

 

FQ | 6 Maggio 2019

 

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