Senza Colpevoli

Maria Francesca Alfonsi

Mentre tutto era già accaduto – i morti, i dispersi, e il fango aveva già travolto le esistenze – loro erano in campagna elettorale, e “non sapevamo niente”, né il presidente della Giunta regionale Acquaroli, né l’assessore alla Protezione Civile Aguzzi, né il capo della Protezione Civile Stefoni.

Mentre da tre ore i social erano intasati dai video del flagello, dalle richieste di aiuto, mentre avevano già ricevuto telefonate allarmate da sindaci, Aguzzi si è accorto che qualcosa non andava alle 22  perché, nel cinema del comizio a Senigallia, qualcuno ha suggerito che forse era il caso di rientrare a casa, perché si sa come era finito lì otto anni prima, anche se otto anni fa lì pioveva che Dio la mandava e stavolta no, e mentre forse dicevano c’era qualche problema a monte, ma al mare non pioveva.  

E cosi Aguzzi è tornato a casa per prendere il giaccone impermeabile, e insomma si sono ritrovati tutti in Regione che era mezzanotte. Dal pomeriggio fino alle 22 nella sala operativa della Protezione Civile c’era solo un operatore, e sul Misa c’è un solo punto di rilevazione del rischio, e da aprile è rotta la memoria del centralino della sala operativa, così non è restata traccia delle registrazioni telefoniche.

Dopo tre giorni – dopo 11 morti e si cercavano Mattia di otto anni, e Brunella di 56, e da Cantiano a Pianello di Ostra a Bettolelle di Senigallia è ininterrotta zona rossa di distruzione – la Giunta regionale tutta approvava il finanziamento di 50 mila euro per la tutela del saltarello, il ballo folcloristico delle Marche.

Indagano le Procure, senza indagati ad ora, o forse gli ultimi della fila: forse la colpa è dei meteorologi che erano stati troppo ottimisti, che non avevano previsto il temporale, e che poi il temporale si è autorigenerato, e abbiamo imparato anche questa, e invece che allerta rossa o arancione aveva diramato allerta gialla sul Musone e verde su Misa e Nevola?

O forse – dopo una estate di previsioni fallate, e poi in Adriatico non si sa mai come gira il tempo dicono i pescatori – colpevole è qualche funzionario maldestro, intontito?

Di Mattia hanno trovato lo zainetto, sul Nevola, a otto chilometri dove è stato sbalzato via [n.d.r.: il corpo senza vita del piccolo è stato ritrovato, a 10 km di distanza, sabato 24-09]; di Brunella hanno trovato l’auto, sul Nevola, a otto chilometri da dove è stata travolta. Sono stati celebrati undici funerali.

Dopo una settimana in quel fango è arrivato anche l’esercito e qualche intervista è stata fatta e la Procura ha parlato un poco. Se ne sono andati gli inviati dei media nazionali, e la notizia è un box in ventesima pagina, al venticinquesimo minuto, che altre notizie premono, domenica ci sono le elezioni.

L’amnesia collettiva non ha perso tempo, è sicura difesa dal dolore, dall’orizzonte della morte. L’amnesia collettiva è un gigantesco ignobile scaricabarile.

Da  Wikipedia: il fiume Misa nasce a quasi 800 metri a Genga, e dopo 45 chilometri torrentizi raggiunge l’Adriatico a Senigallia. Poco più a nord, tra Castelleone di Suasa e Barbara, due torrenti si uniscono nel Nevola che, dopo 19 chilometri, si annulla  nel Misa a Bettolelle. Wikipedia, alba del 17 settembre 2022 e già migliaia di visualizzazioni:  “Nella notte tra il 15 e 16 settembre 2022 le Marche sono state colpite da un temporale che ha prodotto una delle peggiori alluvioni della storia della regione. Le piogge intense hanno scaricato più di 420 millimetri di acqua in poche ore, causando la morte di 11 persone, due risultano disperse”. Il web non ha tempo da perdere né sentimenti.

Chi non è stato colpevole? Chi non lo è stato nei decenni disastri e lacrime, di emergenze e allarmi e rinvii, di soluzioni urgenti mai nate, di veti, ingiunzioni, rinvii, di comitati contro, di  burocrazia, promesse superate da nuovi patti elettorali?

Il Misa e le tre mai nate vasche di contenimento del torrente troppo stretto e imprevedibile, necessarie, urgentissime, ben prima del penultimo affondamento nella melma otto anni fa; vasche nei programmi da 40 anni – regionali e provinciali e comunali e nazionali – e fondi che c’erano, e che Roma sostiene di averli mandati, e le diverse giunte regionali di aver stanziato, e che però nessuno sa dove siano finiti, o di non averli mai ricevuti.

Quaranta anni di misteri immericordiosi, ogni colore politico dell’arco costituzionale, tutti piccoli e grandi, conservatori e rivoluzionari. Non sono mai nate. Perché? Erano troppo invadenti, perché in troppi si sono opposti, ambientalisti, proprietari dei terreni, residenti delle scellerate case sull’argine e chi aveva consentito-avallato tutto questo ha rinviato, cancellato le vasche? Dopo quaranta anni l’aprile scorso il primo cantiere, data di inizio ma termine lavori in bianco, e già i costi aumentano, la crisi del gas, l’inflazione.

E il muraglione carcerario a sbarrare il corso fluviale, cresciuto negli anni senza disturbo, arbusti, canneti, immondizia alto che doveva essere abbattuto da anni, fiero argine, contro cui si è misurata perdente l’acqua, rimbalzando indietro con il pesante carico, travolgendo e uccidendo. Chi doveva tagliare, ripulire gli argini?

E giù al mare, cuore di Senigallia, l’orrido nuovo ponte, voluto dalla giunta di centro sinistra, progettato dal Consorzio regionale di Bonifica, inaugurato due anni fa dalla giunta di centro destra, unica opera realizzata in quaranta anni: a campata unica ma – nonostante tecnici a dire “è pericoloso” – con un parapetto massiccio e compatto, cemento ferro, senza più fessurazioni come nel saggio passato, e così la folle corsa ha trovato l’ultimo definitivo muro, è uscita spargendosi per chilometri, e dai sottopassi è arrivata fino al mare. A Senigallia non pioveva. E oggi il ponte non ha più genitori certi.

Chi nei decenni non ha alimentato il tumore, chi non ha rinviato le cure? Oggi i trasversali colpevoli sono mutati in cassandre, oracoli inascoltati, più veloci di wikipedia, usuale ritornello unitario “la politica non ha avuto la forza di andare avanti”, la disgustosa retorica delle colpe sempre altrui, concordi tutti sulla colpevole burocrazia. I media, alla ricerca spasmodica di un titolo, accolgono. Il pubblico processo brama.

Chi non è stato il colpevole, per favore ditecelo? Gli atti della memoria sono di pubblico accesso, disgustose ora le lacrime dei traditori. Gli atti ricordano che a Senigallia ci fu una Giunta, nel 1999, pronta a iniziarsi i lavori delle vasche, sindaco il libraio della città, Marcantoni. Era una giunta bizzarra, non aveva padrini politici, eletta per le divisioni della sinistra che aveva governato la città dal dopoguerra, il voto dei cittadini stufi: durò undici mesi. Ricordano a Senigallia che tornò a governare il centro sinistra, fece un patto con i Verdi e rinviò le vasche, troppo cemento. Il centro sinistra ha governato fino a due anni fa, i primi dieci anni il sindaco Angeloni, suo vicesindaco Mangialardi, che fu sindaco poi nei successivi dieci anni e durante la penultima alluvione e ora è capogruppo in regione del Pd, che da due anni non è più al governo delle Marche. Nel 2010 e nel 2011 Protezione Civile e Legambiente hanno premiato Senigallia come comune più virtuoso come interventi contro il rischio idraulico. Cinque anni prima della penultima alluvione, undici anni prima dell’ultima.

Chi non è stato colpevole? Chi ha deciso la sorte degli sfortunati fondi regionali destinati al commissario per il rischio idrogeologico, nelle Marche sismiche, i fiumi pericolosamente a pettine, il 95% del territorio da sempre emergenza? Erano quattro milioni di euro sei anni fa, divennero 900 mila euro tre anni fa, sempre giunta di centro sinistra, da due anni sono morti di inedia a zero euro, giunta di centro destra.

Chi non è colpevole? Il potente Consorzio regionale di Bonifica, progettista e appaltatore di tutte le opere pubbliche idrauliche marchigiane, la presidenza ventennale dell’avvocato maceratese Netti, sapiente trasversale, prima sul Musone e poi su tutte le Marche, sulle carte la firma dello stesso progettista?

Netti ora punta l’indice, troppi veti, le catene della burocrazia. Chi gestirà, controllerà, ora i 70 milioni del Pnrr? Per quali opere? Per l’annunciata diga sul povero fiume Potenza per traslocare acqua in una vallata più ricca, misteri dell’ingegneria idraulica?

Chi non è stato colpevole? La giunta Acquaroli che ha vidimato, settembre 2021, il decreto dell’allora dirigente della tutela del territorio, Stefoni, oggi capo della Protezione Civile marchigiana, 500 mila euro in meno alla mitigazione del rischio idraulico del Misa? Dopo il fango, la colata di oscenità, puzza nauseabonda.  Si forma a Roma, matura nel resto d’Italia.

Chi ha distrutto la Protezione Civile, l’ha resa un dipartimento stanco, le ha sottratto forze e finanziamenti, utile seppur zoppicante al momento del disastro ma poi da far decantare come ogni disastro, e riconvertire le forze, ottimizzare insomma, che mica si può stampare carta moneta a caso?

Chi ha defunto il Corpo dei Forestali che proteggevano monti e fiumi dall’abbandono umano, dal vomitevole abuso? 

Come abbiamo fatto a farci tanto male noi che volevamo nutrirci di opzioni etiche, volevamo cambiare il mondo, e lo abbiamo sommerso di fango velenoso? Gli ambientalisti, per esempio, oggi cassandre piangenti: non siamo vissuti anche di insopportabile boria, non ci siamo opposti anche all’inopponibile, quante volte accettato l’inaccettabile?

Le colpe hanno nomi, per favore non lasciate vuote le caselle.

Raccontano i farmacisti che dal primo giorno nelle terre di fango sono triplicate le vendite di tranquillanti, di psicofarmaci. Racconta Roberto che giovedì sera 15 settembre c’era tanta gente nel centro di Senigallia, aperitivo, gelato, e erano già le 23, e il fango arrivò poco dopo, ma non pioveva. Roberto ha perso negozio e casa: “Spero stavolta piova, almeno un poco pulirà”.

Domenica le elezioni.


Fotografia da Wikimedia Commons

 

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