Il Magistero del MOSE: gite in Laguna, crediti formativi e propaganda per la grande opera

Paola Somma

Il termine MOSE, la grande opera da anni oggetto di denunce, inchieste e procedimenti penali, evoca inevitabilmente quello di scandalo. “Scandalo senza fine, scandalo mondiale, scandalo più grande della nostra storia recente, scandalo della manutenzione ignorata” sono solo alcuni dei titoli con i quali perfino i mezzi di informazione più allineati al potere ne hanno descritto le molteplici “anomalie”: dalla concessione ad un unico soggetto della sua progettazione, costruzione e gestione all’assenza di controlli sui costi che non finiranno mai di lievitare; dalla sottovalutazione del suo impatto sul sistema lagunare, e quindi sulla effettiva salvaguardia di Venezia, alla sistematica corruzione e criminale rapacità di molti degli attori coinvolti.

Scandalo, che, val la pena ricordare, significa evento “che turba la coscienza collettiva… la sensibilità morale pubblica”, resta quindi, anche se il concetto forse non si addice allo spirito dei tempi, la parola chiave più utile per parlare del MOSE. Per questo, a un lettore frettoloso, l’annuncio che “il MOSE diventa materia di studio” può essere sembrata una buona notizia. Finalmente, potrebbe aver pensato, nelle facoltà di legge, economia e ingegneria, e in generale nelle istituzioni culturali dove si addestrano i giovani in procinto di intraprendere professioni o assumere ruoli di rilievo per l’amministrazione della cosa pubblica, le vicende del MOSE verranno sviscerate per sviluppare antidoti affinché il retorico monito MAI PIU’ diventi realtà.

Purtroppo, però, come si evince dal testo del protocollo d’intesa per “il progetto didattico MOSE” sottoscritto dal ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibile Enrico Giovannini, dal commissario straordinario per il Mose Elisabetta Spitz, dal commissario liquidatore del consorzio Venezia Nuova Massimo Miani (che ha in corso la procedura di concordato con il tribunale), nonché dalla rettrice di Ca’Foscari Tiziana Lippiello e dal rettore dello IUAV Benno Albrecht , altri e ben diversi sono gli obiettivi dei promotori dell’iniziativa. La loro intenzione dichiarata, infatti, è di “promuovere e divulgare la conoscenza del sistema MOSE, opera dell’ingegneria italiana ideata e realizzata a difesa del territorio lagunare e della città storica di Venezia, anche in previsione di mutamenti climatici estremi”.

A tale scopo, il progetto presentato dal commissario Spitz, in veste anche di “portavoce del ministero”, è volto a favorire “la visita all’opera da parte degli studenti iscritti ai due istituti universitari, quale attività conoscitiva esperienziale”. Idea, questa, subito accolta con interesse dai due atenei veneziani che, si legge nel protocollo, si sono impegnati a “tradurre in proposta formativa il suddetto processo conoscitivo”, esprimendo, al contempo, la volontà di sperimentare “nuovi metodi di magistero”. Più in dettaglio, si precisa che le attività conoscitive potranno svilupparsi “sia con presentazioni in aula che con successive visite in sito, all’area Arsenale e/o alle bocche di porto, e potranno eventualmente comportare il riconoscimento di crediti formativi”. Il consorzio Venezia Nuova, da parte sua, è “disponibile a fornire materiale didattico sul MOSE” nonché a individuare ”le tappe di un progressivo percorso conoscitivo degli elementi salienti dell’opera e a consentirne l’accesso”.

La stampa locale ha dato ampio spazio all’entusiasmo del ministro Giovannini per un progetto “innovativo per la conoscenza di un sistema unico al mondo” e per l’avvio di una “strategia di formazione innovativa che possa incidere positivamente sullo sviluppo sostenibile del pianeta”. Ma non sono mancate le reazioni negative da parte degli studiosi e tecnici di chiara fama che fin dall’inizio hanno messo in discussione, con motivazioni scientifiche, il progetto e la sua realizzazione; primo fra tutti il professor Luigi D’Alpaos che ha sinteticamente commentato: “Eccellenza dell’ingegneria? No, un esempio vergognoso”. L’ingegner Vincenzo Latella, invece, ha fatto notare come il percorso del MOSE “durato quarant’anni non ha mai visto l’incontro con scienziati indipendenti”.

Si tratta di un’osservazione interessante che, al di là delle valutazioni tecniche e giuridiche sulla vicenda, suggerisce di scegliere indipendenza come seconda parola chiave, assieme a scandalo, per parlare del sistema MOSE con particolare riferimento ai suoi rapporti con l’università. Ci si potrebbe chiedere, ad esempio, quale ruolo il ministro Giovannini assegna all’università, per definizione un’istituzione autonoma che produce e trasmette criticamene la cultura e gode di indipendenza morale e scientifica nei confronti di ogni potere politico ed economico, quando dice che “il programma formativo fa parte di una campagna più ampia volta a valorizzare un’opera di ingegneria italiana unica in tutto il mondo, che ha già dimostrato la sua efficacia per salvaguardare un patrimonio culturale e naturale mondiale come Venezia e la sua laguna”.

L’implicita risposta della rettrice Lippiello, a cui parere un progetto “di tali proporzioni necessita di essere studiato, osservato in azione e soprattutto raccontato”, non fornisce rassicurazione alcuna circa l’indipendenza dei “narratori”. E di ancor minor credibilità in termini di indipendenza gode lo IUAV, da anni impegnato nella “valorizzazione e lo studio di un opera complessa come il MOSE”, e la cui consolidata collaborazione con il consorzio Venezia Nuova è documentata dalle numerose convenzioni grazie alle quali rettori e docenti hanno fornito consulenze retribuite e progetti per la “mitigazione dell’impatto paesaggistico dell’infrastruttura sul delicato paesaggio lagunare”. Grazie a questa attività, ha sottolineato il rettore Albrecht, “l’operazione MOSE, dal punto di vista del progetto architettonico, ha realizzato un esperimento di collaborazione tra università, parte pubblica e parte privata finora senza precedenti e con cui questo nuovo progetto si pone in forte continuità”.

Dei vantaggi di questa collaborazione, finora riservati ai docenti, potranno ora godere anche gli studenti perché, come ha detto Elisabetta Spitz, i giovani universitari, ”il futuro del nostro paese”, potranno finalmente visitare le paratie, l’isola artificiale e il centro tecnologico del MOSE, e “approfondire le tematiche di attualità come gli effetti dei cambiamenti climatici nelle città”.

Il protocollo per portare in cattedra i buoni maestri del Mose è stato firmato il 20 gennaio. Il 21 gennaio, la Corte dei Conti ha congelato 538 milioni di euro destinati ai cantieri del Mose e ha rimandato al ministero l’accordo firmato con il consorzio Venezia Nuova, definendolo un atto illegittimo.


Fotografia di Paola Somma.

 

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