Cavallerizza Reale all’asta: “Franceschini intervenga”

Tomaso Montanari

Negli ultimi decenni l’Occidente è stato regolato da una “‘costituzione’ non scritta, ma applicata con maggior rigore di molte Costituzioni formali, volta a cancellare le conquiste che la classe lavoratrice e le classi medie avevano ottenuto nei primi trenta o quarant’anni dopo la guerra”, scriveva Luciano Gallino in Il colpo di stato di banche e governi. L’attacco alla democrazia in Europa (Einaudi 2013). E continuava spiegando che il primo articolo di quella legge fondamentale – virtuale quanto ferrea – dice che “lo Stato provvede da sé a eliminare il proprio intervento o quantomeno a ridurlo al minimo, in ogni settore della società: finanza, economia, previdenza sociale, scuola, istruzione superiore, uso del territorio”. Lo Stato si è suicidato, e oggi a guidare la res publica italiana è un banchiere-privatizzatore. Pian piano, le conseguenze di quel suicidio vengono sotto gli occhi di tutti, sul territorio della Repubblica: abbiamo visto i casi di Cala di Forno e del Casino dell’Aurora a Roma, straordinari brani del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione che in altri tempi lo Stato avrebbe assicurato alla proprietà, e al godimento, pubblici.

Oggi un terzo eccezionale bene comune è alla ribalta, e proprio nella Torino di Luciano Gallino: la Cavallerizza Reale. Più volte, in questa rubrica, si è parlato di quel meraviglioso brano dei palazzi reali sabaudi, vittima di scelte politiche dissennate e insieme teatro di un impegno politico collettivo. Ora siamo al dunque: la Cavallerizza è stata venduta. Un pezzo di Torino, un pezzo di un bene definito dall’Unesco “patrimorinonio dell’umanità” ha avuto un prezzo: 11 milioni e 305 mila euro, offerti dalla Compagnia di San Paolo, in sinergia con l’università di Torino. Una fondazione bancaria (privata) e una università (pubblica): una coppia i cui rapporti di forza non sono un mistero per nessuno. E sono tali da far concludere che, sì, ancora una volta “lo Stato provvede da sé a eliminare il proprio intervento”.

C’è un’alternativa? È quel che credono gli illustri firmatari – Salvatore Settis, Alberto Barbera, Alessandro Barbero, Marco Brunazzi, Gastone Cottino, Giovanni Ferrero, Roberto Gnavi, Clara Palmas, Diana Toccafondi – di una lettera aperta promossa dalla Società della Cura che chiede al ministro Franceschini “di esercitare il diritto di prelazione in base agli art. 59-62 del Codice dei Beni Culturali per riportare il Compendio della Cavallerizza Reale fra i Beni Culturali indisponibili dello Stato”. Con molta grazia, la lettera ripercorre il rosario di mostruosità giuridico-politiche che hanno sbattuto all’asta questa pagina della nostra storia comune: la scelta del Comune di Torino di chiederne il passaggio dal demanio dello Stato a quello della città, per poi liquidarla; il fatto che questa assurda richiesta sia stata accolta, quando al contrario il Compendio della Cavallerizza Reale avrebbe dovuto essere “riconosciuto come monumento nazionale perché esprime inequivocabilmente ‘un collegamento identitario o civico di significato distintivo eccezionale’ (art. 10, comma 3, lettera del Codice dei Beni Culturali)”. E ancora: “per non tradire lo spirito iniziale della ricomposizione unitaria del bene Unesco, ribadito anche nella delibera del Comune di Todel 2007 laddove si esplicita che ‘sfruttando la vocazione museale propria di detto complesso attraverso una completa riqualificazione patrimoniale ed urbanistica, l’amministrazione comunale intende realizzare al suo interno un percorso culturale integrato’, sarebbe stato necessario che il piano urbanistico deliberato nel gennaio 2021 escludesse destinazioni d’uso non coerenti con tale finalità. Cosa che non è avvenuta, mettendo dunque a repentaglio la tutela e pubblica fruizione del Complesso che, senza un intervento del Ministero, vedrebbe una schiacciante prevalenza di funzioni che nulla avrebbero a che fare col suddetto percorso culturale integrato”.

Ora un singolo atto del ministro Franceschini potrebbe rimettere le cose a posto: “Lei può esercitare, come previsto dalla legge, il diritto di prelazione sull’acquisto del Compendio della Cavallerizza Reale riportandola, come sarebbe doveroso e necessario, in seno alla sua naturale collocazione accanto al Palazzo Reale (…). Gli edifici del Compendio della Cavallerizza Reale, compresa l’ex Zecca che ne è parte integrante, ponendosi in diretta continuità col Palazzo Reale – adibito a funzioni museali e all’archivio di Stato – dovrebbero nella loro totalità costituire un necessario ampliamento e completamento di tali funzioni, diventando un polo di alta formazione, conservazione ed esposizione, di prestigio e livello europeo”.

Comprare la Cavallerizza costerebbe come un paio di grandi mostre, subito dimenticate: la Costituzione della Repubblica, quella vera, sarà capace di vincere su quella oscena costituzione mai scritta? Lo Stato batterà un colpo a Torino?

Per firmare la lettera clicca qui: https://www.change.org/salvalacavallerizza


Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 15 novembre 2021. Fotografia di Fred Romero da Flickr.

 

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