della Redazione di “La Voce Apuana”
Protesta a Firenze per dire basta con un “mercato della polvere” che distrugge le Alpi Apuane e inquina fiumi e mari. Ieri [n.d.r. 7 agosto 2020] pomeriggio, nel capoluogo toscano si è svolta una manifestazione organizzata da Friday for Future Firenze, Carrara, Massa, Siena e Pisa; Extinction Rebellion Firenze, Versilia; Legambiente Firenze; Progetto Ambientale “L’Altezza della Libertà”; Movimento NOCAV Apuania; Circolo culturale Anarchico G.Fiaschi e Collettivo Tirtenlà. In una nota, gli attivisti spiegano così la scelta di manifestare a Firenze: “La bella Firenze è così famosa al mondo anche grazie alla catena montuosa delle Alpi Apuane, che nei secoli scorsi, fu così magnanima nel donarle i suoi marmi più pregiati creati da madre natura in milioni e milioni di anni. Basta guardarsi intorno per rimanere estasiati dalla purezza del bianco di Carrara e delle altre brecce toscane ‘sacrificate’ alla bellezza delle sculture e alla più nobile architettura”. È per questo che ieri venerdì 7 agosto alle ore 18:00 in Ponte Vecchio, le associazioni ambientaliste si sono ritrovate per distribuire un volantino tradotto in diverse lingue con su scritto: “Firenze non si volta dall’altra parte”.
“Per i nostri movimenti, secondo il principio del ‘agire locale, pensare globale’, è impossibile guardare al territorio apuano e non riconoscere l’incedere dell’attività estrattiva del marmo come una delle concause del degrado ambientale in cui questo versa. Negli ultimi trent’anni è stata asportata una quantità di montagna superiore a quella che è stata asportata nel corso dei duemila anni di storia precedenti, quando furono i Romani a cominciare. Oggi gli impatti ambientali negativi dovuti alle cave sono tristemente noti e sotto gli occhi di tutti: inquinamento dell’aria e dell’acqua, dissesto idrogeologico (riconosciuto tra le concause delle alluvioni che dal 2003 hanno flagellato Massa e Carrara a cadenza quasi regolare), perdita di biodiversità con rarefazione di molte specie di piante esclusive di queste montagne e distruzione dei loro habitat, molti dei quali tutelati da direttive comunitarie (come la Direttiva Habitat) e all’interno del Parco Regionale – Geoparco UNESCO delle Alpi Apuane. Il tutto giustificato con il fatto che le cave creano ricchezza e portano lavoro? Ma se questo fosse vero, come mai il comprensorio apuano è il più povero di tutta la Toscana e quella con tasso di disoccupazione più elevato?
Il motivo è da ricercare nella logica estrattivista che regola i rapporti di potere nel nostro territorio, per cui è facile identificare delle similitudini tra le Alpi Apuane e tutte le altre realtà in cui si assiste ad una vera e propria predazione delle materie prime: i pochi blocchi estratti non vengono più lavorati in loco e il grosso della ‘produzione’, che sarebbe più corretto chiamare ‘distruzione’, sono scaglie che vanno ad alimentare il mercato del carbonato di calcio.
All’interno dell’ambientalismo apuano, battersi contro i cambiamenti climatici, tutelare le Alpi Apuane significa tutelare il clima della nostra zona: un clima favorevole e reso tale proprio grazie alla presenza della catena montuosa che influenza il regime delle precipitazioni piovose e che ci protegge dai venti forti provenienti da nord. Le Alpi Apuane sono parte integrante del ciclo dell’acqua per le città toscane e i territori limitrofi: è grazie al loro sistema carsico fatto di migliaia di grotte e sorgenti che non subiamo quasi mai situazioni di emergenza dovute alla siccità. Come è accettabile oggi, nella civilissima Regione Toscana, avere le sorgenti inquinate e dover scaricare i costi sulla collettività? Un monitoraggio recente di ARPAT ha reso noto che alla sorgente carsica ‘Buca di Equi’, in Lunigiana, sono state rilevate 260 tonnellate di marmettola (mix venefico di segagione del marmo, olii esausti e idrocarburi vari) nel periodo di tempo che va da aprile 2018 ad aprile 2019. Solo quella uscita e rilevata. In quanto può essere stimata la quantità di marmettola rimasta a intasare il sistema carsico che, a lungo andare, potrebbe portare a depauperare le sorgenti apuane? Non è dato sapere.
Siamo preoccupati, perché nell’ottica di uno sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente, oggi stiamo assistendo all’incremento delle attività estrattive nel Parco delle Alpi Apuane – a tal proposito è bene sottolineare che per i prossimi 20 anni la Regione Toscana ha stabilito che si potranno ancora estrarre altri 47.000.000 di metri cubi di monte – da parte di quei comuni che non vedono altra forma di sviluppo perché incapaci di essere lungimiranti e perché schiavi della monocultura del marmo nella quale invischiati con interessi politici, economici e imprenditoriali. A questi ritmi, è evidente che si tratti di una situazione insostenibile. Anche nei PABE (piani attuativi dei bacini estrattivi) gli interessi di pochi vengono messi prima di quelli della collettività e non si tiene conto della sostenibilità economica, sociale ed ambientale. Ma va da sé che una risorsa esauribile/non rinnovabile/non riproducibile è destinata a esaurirsi. E non si esaurirà prima il marmo, sarà infatti compromessa irrimediabilmente l’acqua che sgorga dalle nostre sorgenti. E il nostro territorio morirà. Durante il flash-mob è stato srotolato uno striscione di ben 100 metri quadri contro le cave che giornalmente riducono la catena montuosa della Alpi Apuane in polvere…”.
Articolo pubblicato su “La Voce Apuana”, 8 agosto 2020