I numeri. Si parte dal Piano per il parco, approvato in via definitiva solo nel 30% dei casi. Va peggio per il regolamento: se n’è dotato meno del 10%. Insufficienti le risorse per il controllo delle attività illegali, le spese per le attività di monitoraggio e per progetti di conservazione della biodiversità sono inferiori al 10% del budget per la quasi totalità dei Parchi. In nove sono addirittura inferiori al 5%. Mancano, spiega il rapporto, naturalisti o biologi nel 22% dei casi, agronomi e forestali (nel 22%) e nell’83% dei casi non ci sono veterinari e geologi. Solo il 10% della pianta organica è dedicato alla conservazione delle biodiversità. Inoltre 15 Parchi Nazionali sui 23 totali attendono la designazione dei presidenti (11 in totale, dei quali 10 sono già scaduti) o dei direttori (9 in tutto, dei quali 8 già scaduti). “La carenza di personale specializzato è un handicap evidente che va colmato al più presto – ha detto la presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi –. I parchi nazionali hanno bisogno di competenza e autorevolezza a cominciare dai livelli apicali. Le nomine di presidenti e direttori in scadenza sono un’importante occasione per affermare un nuovo paradigma nelle scelte di governance: qualità e autonomia dagli interessi locali e politici devono sostituire l’abitudine di affidare il governo dei parchi a rappresentanti locali delle maggioranze di governo”.
Tra il 2013 e il 2016, i Parchi Nazionali terrestri (1,5 milioni di ettari, il 5% della penisola) hanno ricevuto in media 81 milioni di euro (più del 34% di questa quota è stato destinato al personale) e ogni anno in media l’Italia destina 1,35 euro per abitante. “Un cappuccino”, spiegano dal Wwf. Per le aree marine protette si fa ancora meno. Le 29 Aree marine protette (inclusi due parchi sommersi) incidono solo su 700 chilometri di costa, pari allo 0,8% del totale, e a 228 mila ettari di mare. Nel 2017 sono stati destinati per il loro funzionamento 7 milioni di euro.
Nonostante quasi il 70% abbia approvato un Piano di gestione e quasi l’80% il regolamento e piani e misure di conservazione, le risorse economiche sono comunque ritenute del tutto insufficienti e spesso le aree non riescono a raggiungere gli obiettivi di conservazione. “I trend delle specie e habitat prioritari delle Direttive europee e sulle Liste Rosse della Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, riportati da più del 50% delle Aree marine protette risultano uguali o peggiori alla media nazionale, ovvero all’esterno di aree protette”, si legge. E la pesca? “Sebbene la sorveglianza della legalità non dipenda direttamente dagli enti gestori, si evidenziano giudizi fortemente negativi sulla capacità di far rispettare le leggi e, in particolare, di reprimere la pesca illegale. Il personale e le risorse economiche sono insufficienti al controllo delle attività illegali e l’organizzazione della sorveglianza è inadeguata a contrastarle”.