L’Italia sacra cade in rovina: Aversa, il furto dei capolavori

Tomaso Montanari

Invidio davvero il ministro Dario Franceschini. Invidio la sua capacità di dormire la notte, e di rilasciare di giorno, ai tanti fogli compiacenti e anzi genuflessi, interviste trionfalistiche sui meravigliosi successi del suo ministero. Eppure, Franceschini ha una responsabilità immensa: quella di aver puntato tutto sulla valorizzazione economica di pochi grandi musei redditizi, condannando a morte tutto il meraviglioso patrimonio del nostro Paese. A cominciare dalle antiche chiese, ridotte ormai a carne da cannone.

Dalla metà degli anni venti del Seicento, il cistercense Ferdinando Ughelli iniziò a lavorare al suo capolavoro erudito, una sorta di “geografia e storia” delle diocesi italiane che uscì infine in nove monumentali volumi, tra il 1643 e il 1662. Le biblioteche, gli archivi e le chiese, con le loro iscrizioni e i loro monumenti visivi, avevano alimentato quello straordinario ritratto dell’Italia Sacra: geniale fin dal titolo. Oggi, dopo quasi quattro secoli, mentre brancoliamo in un Alzheimer collettivo che ci strappa via ogni giorno un brandello di storia e memoria, l’Italia Sacra materiale che Ughelli (ma anche solo la generazione dei nostri genitori) aveva conosciuto si va inesorabilmente sgretolando. In un terribile silenzio.

Prendiamo un solo caso: la Maddalena di Aversa. Fondata nel 1269 come chiesa di un ospedale per i lebbrosi, il complesso che la ospita si trasformò nel Quattrocento in convento francescano, e nell’Ottocento in manicomio, le “Reali case de’ matti”. Ma i matti siamo noi, direbbe De Gregori: noi che oggi lasciamo la chiesa nella condizione documentata in queste foto diffuse dall’associazione “In Octabo”, che le ha commentate così: “Tutti sapete in quali condizioni di abbandono e degrado versi tutto il complesso, ma queste foto denunciano un grave pericolo per il nostro patrimonio artistico. Come vedete la statua di San Paolo che era collocata nella nicchia a destra non c’è più, è adagiata a terra supina poco più avanti. È evidente che qualcuno ha cominciato a smontare l’altare per trafugarlo quando ci saranno le condizioni favorevoli, magari approfittando delle vacanze estive durante le quali la città si svuota. Dobbiamo impedirlo con ogni mezzo, si tratta di un vero capolavoro, opera di Giovanni da Nola e Giovan Domenico D’Auria. Abbiamo allertato chi di dovere ai massimi livelli, ma sta a ognuno di noi cittadini vigilare perché questo scempio non avvenga. All’erta”.

Riccardo Naldi, professore di Storia dell’arte moderna all’Orientale e tra i massimi studiosi della magnifica stagione della scultura rinascimentale napoletana, mi ha scritto: “Oggetto a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso di sistematiche spoliazioni, la chiesa ormai si presenta come un vero e proprio scenario di guerra. Il tetto in legno è completamente crollato; l’edificio è a cielo aperto. Per puro miracolo, grazie al fatto che hanno coperture in muratura, sono rimasti in piedi l’atrio e il presbiterio della chiesa, che conservano alcuni capolavori della scultura del Cinquecento. Nell’atrio vi sono dei sepolcri; nel presbiterio una pala d’altare. È ormai da tempo che le autorità competenti sono informate di questa situazione; ma, purtroppo, niente è stato fatto”.

Siamo nello stesso Paese che continua a organizzare mostre? Che spende 18 milioni di euro pubblici per l’arena del Colosseo? Che gioisce dei 6,675 milioni (su 248!) assegnati alla “cultura” dal Pnrr, che poi sono tutti per il turismo, per pericolose “riqualificazioni” di borghi, per “messe in sicurezza antisismiche” solo per gli edifici ecclesiastici (per regalare un po’ di soldi alla Cei)? Un Paese che rimuove la vera urgenza culturale: mettere in sicurezza uno sterminato patrimonio culturale abbandonato alla rovina ed esposto a saccheggi e rapine di ogni tipo.

Non c’è regione d’Italia, neanche quelle del ricco Nord, che non sia costellata di antiche chiese in abbandono. Per rendersene conto basta farsi un giro su uno dei siti o dei profili degli appassionati di Urban exploration (Urbex), l’attività di esplorazione e fotografia dei siti abbandonati. Per esempio, quello, curatissimo e dunque davvero inquietante, di Ascosi Lasciti, dove un’intera sezione è dedicata alle “Aree sacre: chiese, conventi e cimiteri abbandonati”. Dalla rete, questo singolare genere sta transitando sul mercato editoriale tradizionale: del 2020 è, per esempio, Chiese abbandonate. Luoghi di culto in rovina, un libro fotografico di Francis Meslet che ritrae e commenta 37 chiese in rovina in tutta Europa, di cui due in Piemonte, due in Liguria, quattro in Lombardia, una in Trentino, una a Venezia, una in Umbria. Gallerie di immagini che dovrebbero pur scuotere chi, di tutto questo, ha la responsabilità. Ma basterebbe anche Wikipedia: che raccoglie sotto la voce “Chiese sconsacrate” una impressionante rassegna di disastri.

Un rosario di sconfitte, di morti annunciate. Di recuperi ancora possibili: cominciando dalle statue di Aversa, vi imploro…

 


Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 28 giugno 2021. Fotografia di Nicola Baldieri dalla pagine Facebook dell’associazione In Octabo.

 

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