La Ciclovia Tirrenica non deve distruggere la natura

Massimo Pistelli

La Ciclovia Tirrenica è un progetto di ciclovia che permette di raggiungere Roma dal confine francese e che prevede la realizzazione di una linea che abbia standard omogenei di sicurezza e comfort. Si tratta pertanto di una infrastruttura di respiro europeo, molto importante per il nostro Paese, che va ad aggiungersi alle molte già esistenti e un’occasione fondamentale sia dal punto di vista ambientale (com’è sempre l’uso della bicicletta) che turistico. 

Tuttavia non deve essere una scusa per distruggere la natura e magari rappresentare un cavallo di troia per successive speculazioni edilizie. Consideriamo che la Ciclovia tirrenica non è una semplice pista ciclabile, ma una grande arteria di una certa larghezza e che non può subire restrizioni di accesso e di orari e che dovrà anche avere servizi (soste, ristori) e illuminazione.

Il sindaco di Viareggio propone, contro ogni logica e buonsenso, di farla transitare attraverso la Riserva Naturale della Lecciona che si trova all’interno del Parco naturale di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli, pur essendoci l’alternativa (sostenuta da tutte le associazioni ciclistiche e ambientaliste e che necessita di molti meno lavori) del viale dei Tigli.

La Lecciona è un ambiente dunale fragile e prezioso, oltre che memoria storica di come era in passato tutta la zona. Al momento è tutelata da stringenti norme del Parco e anche comunitarie (forse anche più severe), ma temiamo che appetiti speculativi, come sappiamo sempre forti e in agguato, possano, con il tempo e le pressioni, allentarle. Del resto sappiamo bene che questi appetiti di speculazione edilizia sono molto presenti a Viareggio come altrove.

Anche se noi adesso stiamo parlando della Lecciona, il problema naturalmente riguarda tutta la zona dalla Versilia fino a Livorno. Si potrebbe inoltre osservare che anche dal punto di vista turistico sarebbe molto più utile che la Ciclovia passasse da aree più urbanizzate per i benefici economici e di immagine che porterebbe loro. Per le sue caratteristiche di grande arteria la Ciclovia Tirrenica farebbe gravare sul delicato ecosistema della Lecciona un flusso ancora più alto di frequentatori, pregiudicandone l’integrità.

panorama aereo

Teniamo a ribadire, anche in questa occasione, che la Lecciona non è una spiaggia libera, ma una Riserva Naturale all’interno di un Parco e che pertanto già adesso svolge un ruolo che non le dovrebbe appartenere. Questo perché Viareggio non ha, come dovrebbe per legge, altri spazi di spiaggia libera in città, spazi che aiuterebbero a tenere più protetta la Lecciona. Il Parco, insieme alla Regione, al Ministero dell’Ambiente e all’Europa dovrebbero fare attenzione a quello che sta succedendo, proteggendo un patrimonio di tale importanza dalle mire degli speculatori, che in questo momento cercano di approfittare del grande progetto della Ciclovia camuffandosi anche da amanti della mobilità dolce.

Il Parco naturale di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli costituisce un bene prezioso che ha già subito in passato forti ridimensionamenti per la pressione urbanistica, come tra il Calambrone e Marina di Pisa e in parte anche nei Comuni di Viareggio e Vecchiano, dove è stato molto risparmiato dal non aver costruito un collegamento stradale. Mentre il tratto compreso tra la foce del Serchio e quella dell’Arno è l’unico ancora del tutto intatto per fortunate contingenze storiche.

Questo fa capire l’importanza di lasciare anche la Lecciona più selvaggia possibile, raggiungibile solo tramite sentieri sterrati e di non semplice percorribilità, in modo da scoraggiarne soprattutto l’attraversamento di chi non ne fa oggetto di meta specifica. La Ciclovia deve pertanto adempiere al suo scopo ambientalista e passare all’esterno delle Riserve naturali del Parco (Lecciona, Bufalina e Bocca di Serchio), oltre che fuori dalla Tenuta di san Rossore, in modo da tutelarne la preziosa integrità.

In questo momento è forte l’attacco a questa da parte dell’amministrazione comunale di Viareggio. Il fatto che non si voglia prendere in considerazione l’alternativa del viale dei Tigli e si adducano scuse risibili come il necessario abbattimento di 14 alberi a fine ciclo vitale, lascia intravedere altri scopi non dichiarati o almeno l’abbattimento di un ostacolo che in futuro potrebbe portare a cambiamenti gravissimi per l’ambiente e la memoria storica del territorio.


Fotografia in evidenza di Massimo Pistelli, fotografia nel testo di Piero Sant.

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