La Fontana dei quattro Fiumi e il leone sfigurato di Bernini [con una precisazione della Sovrintendenza Capitolina]

di Teodoro De Giorgio

C’è un leone ferito dietro quelle luci sgargianti che, durante le festività natalizie, violentano, con l’avallo delle istituzioni, una delle più belle fontane barocche di Roma: la Fontana dei quattro Fiumi di Gian Lorenzo Bernini, che si erge al centro di piazza Navona.

Il leone che, sul lato orientale, si sporge quatto dalla cavità delle rocce per dissetarsi ai piedi della palma africana, tra le personificazioni dei fiumi Gange e Nilo, è sfigurato, ma nessuno se ne accorge. Una porzione cospicua della mascella inferiore è svanita nel nulla. Non c’è più traccia della lingua, dei denti, del labbro inferiore e del ciuffo di pelo sottostante. Il leone ha perso la sua espressione. La sua originaria fierezza si è trasformata in mestizia.

Ma nessuno se ne accorge, perché guardare sul serio un’opera d’arte richiede impegno, e in pochi oggi sono disposti a farlo. Meglio il video mapping, che ci disimpegna per ubriacarci di luci con tonalità che vanno dal blu elettrico al fucsia, piuttosto che guardare con attenzione quell’universo in pietra con le sue colossali statue dei quattro Fiumi, rappresentanti i continenti conosciuti nel Seicento.

“Regaliamo alla città un light show unico su una delle fontane più belle del mondo”, ha dichiarato la sindaca Virginia Raggi. Una performance luminosa tanto brutta e di cattivo gusto da annullare gli effetti scenico-illusionistici creati da Bernini e da involgarire l’intera piazza. Se proprio ce n’era bisogno, si sarebbe potuto pensare a un intervento luministico, per certo più raffinato, volto a ricreare quell’effetto dorato sul paesaggio (rocce, palma, agavi e peonie) che lo stesso Bernini aveva inizialmente progettato. Ma occorreva conoscere la storia.

Dall’esame delle fotografie e dei video – reperibili online – ritraenti il monumento, ho potuto rilevare che il leone è stato danneggiato nella seconda metà del 2020, visto che fino al 21 giugno la sua testa risultava integra. Non è dato sapere che fine abbia fatto il frammento. È fondamentale ritrovarlo per procedere, senza perdere ulteriore tempo, con il ripristino e il restauro. Per quanto, di quel leone ferito – scolpito dalle mani di Bernini in persona, come attestano le fonti – forse a nessuno importa realmente.

Se non ce ne siamo accorti prima, figuriamoci oggi che il video mapping ne altera la percezione visiva a favore della generale illeggibilità e della diseducazione estetica.

Ma la mia domanda è: possibile che nessuno, fino a oggi, se ne sia accorto, a eccezione del dr. Martin Raspe, della Bibliotheca Hertziana, che me lo ha segnalato? Possibile che la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, che proprio a piazza Navona, negli ambienti di Palazzo Braschi, ha la propria Centrale di videosorveglianza dei siti storico-artistici di Roma Capitale (con telecamere installate nelle piazze, nelle strade e sulle fontane del centro storico), non se ne sia accorta? E non mi riferisco al solo leone sfigurato, ma anche a quell’indecoroso spettacolo luminoso che oltraggia la memoria del più importante artista barocco ed equipara Roma a Las Vegas.



Articolo pubblicato su “Huffington Post” il 31 dicembre 2020

Fotografia di Teodoro De Giorgio

Tweet della Sovrintendenza Capitolina aggiunto in questa pagina il 5 gennaio 2020