Il virus si sfida investendo sui ragazzi e sul futuro

di Tomaso Montanari

Il nostro nemico è il virus. Ma ci sono molti modi per combatterlo: si dividono in efficaci e inefficaci, e in giusti e ingiusti. Il virus non ci ha cambiato: rimaniamo il Paese che eravamo. Un Paese assai poco incline a coltivare l’interesse generale: perciò un Paese che ha sempre massacrato la sua scuola. Ora si tratta di scegliere: Francia e Germania, i cui governi hanno commesso errori e omissioni non dissimili da quelli imputabili al nostro, hanno scelto: anche durante il lockdown le scuole restano aperte. È una decisione forte, sul piano sociale e su quello simbolico (rende chiara la gerarchia dei valori per cui vogliamo rimanere vivi). Ma è soprattutto una decisione strategica: quando una società è minacciata, punta tutto sulla possibilità di salvare il futuro. E fare scuola vuol dire restituire un futuro alla generazione dei nostri figli.

Ieri, tra i resti lasciati dai manifestanti che si sono scontrati con la polizia a Firenze, ho trovato uno dei loro cartelli. Scioglieva l’acronimo DAD in Didattica ad Altissima Discriminazione. Se le buone ragioni non trovano rappresentanza politica, sfociano in violenza. Se togliamo ancora la scuola a questa generazione costruiamo un futuro che fa paura. Sono pochissimi i contagi avvenuti nelle scuole, rese sicure dal lavoro strenuo e appassionato della comunità educante. Il pericolo è semmai sui mezzi di trasporto necessari per raggiungerle: per colpa degli inqualificabili governi regionali. Se necessario, facciamo scuola il pomeriggio. Ma continuiamo a farla anche dove e quando dovremo chiudere tutto il resto. È un modo efficace e giusto per combattere il nemico. Per non diventare nemici di noi stessi.


Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il giorno 1 novembre 2020

Immagine in evidenza: fotografia di Stanley Morales da Pexels
Immagine nel testo: fotografia di Tomaso Montanari