Lecce: Monsieur Dior e la panna nella carbonara

di Fabio Grasso

L’amministrazione comunale leccese ha cambiato colore alle ultime elezioni ma non le abitudini in materia di cultura urbana. È in questi giorni la preparazione di una più che discutibile scenografia nel luogo storico più importante della città, quella piazza Duomo che ha riempito ampie pagine di storia dell’arte e dell’architettura.

L’uso dello spazio è stato concesso, con approvazione dell’arcidiocesi locale, per la sfilata Cruise 2021 della nota maison Dior. L’amministrazione comunale (e a proposito di moda e colori ricordiamo: un centro-sinistra sbiadito perché sostenuto da un ex assessore della precedente giunta di destra) ha voluto l’evento fashion perché esso darebbe visibilità internazionale alla città e soprattutto perché, a quanto pare, è a costo zero per le casse pubbliche.

Chiariamo subito alcuni aspetti. Aprire a eventi piazza Duomo è un’operazione che non può essere criticata in modo aprioristico. Il problema, semmai, ed è quello che sta accadendo, è la gestione di quanto in essa accadrà. La visibilità pubblica, andare a tutti i costi in tv, non è accettabile neanche nei casi di gratuità; questa logica da “candidati al Grande Fratello” in genere poco, anzi per niente, si concilia bene con i Beni Culturali.

Vale la pena ricordare che l’articolato, perché stratificato, spazio di piazza Duomo è delimitato dall’antico seminario, realizzato a fine Seicento, il duomo e il suo campanile pure della seconda metà dello stesso secolo, la loggia del palazzo vescovile è degli inizi sempre di quel secolo e ha un interessante inserto tardo settecentesco. Alla seconda metà del Settecento è la parte rimanente della piazza dove l’allora vescovo Alfonso Sozy Carafa intervenne aprendo quello spazio alla città come mai prima di allora. Un orizzonte architettonico articolato, quindi, dove è addirittura la sprezzatura di alcuni edifici incompiuti.

La maison francese ha pensato bene, però, di rivestire i lati di piazza Duomo con una sovrastruttura di luminarie che da un punto di vista decorativo si ispira all’architettura. Ed ecco il paradosso: all’architettura vera della piazza è stata sovrapposta, quindi, altra posticcia che inficia in parte la prima. Il finto che diventa più importante del vero senza avere nulla neanche delle scenografie storiche. La menzogna, paradossale nelle sue pur trasparenze e luci, è più vera del vero. Là dove la memoria, la storia languono perché chiedono il corrispettivo della responsabilità dello studio, c’è il trionfo della post verità.

La scenografia che ha innalzato Dior in questi giorni sarà rimossa, è vero, ma di tutta questa vicenda rimane l’amara eco di un gesto che ricorda il “Me ne frego” d’altri tempi nei confronti della storia; essa è – visto che oramai la TV ha reso più facile si capiscano le metafore col cibo – come mettere la panna nella carbonara.

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Immagine in evidenza: fotografia di Giuseppe Milo da Flickr
Immagini nel testo: fotografie di Fabio Grasso