Vade retro Sgarbi. Il Caravaggio resta a casa sua

di Tomaso Montanari

Il Seppellimento di Santa Lucia di Caravaggio rappresenta uno dei tasselli fondamentali del nostro patrimonio artistico e una delle attrazioni più importanti della nostra città per viaggiatori e turisti. Apprendiamo solo da notizie di stampa della presunta volontà di un prestito per una mostra organizzata al Museo di Rovereto. Non possiamo che esprimere la nostra contrarietà allo spostamento della preziosissima e fragile tela”. Ieri è stata questa sacrosanta dichiarazione del sindaco e dell’assessore alla cultura di Siracusa a certificare quanto si sbagliassero coloro che (come me) speravano che la crisi del Covid ribaltasse le nostre priorità, o almeno cambiasse qualcosa nell’inerte carrozzone delle mostre. Nulla: tutto come prima.

La storia è quella di sempre: una cattiva politica genera una pessima politica culturale. L’amministrazione leghista della Provincia autonoma di Trento ha voluto Vittorio Sgarbi presidente del museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. E lì Sgarbi fa ciò che fa da decenni, in ogni occasione e in ogni luogo: lanciare mostre con nomi di cassetta, Caravaggio su tutti. Ma, si sa, Caravaggio sulle Dolomiti scarseggia. Così Sgarbi – già assessore all ’Identità siciliana nella giunta regionale Musumeci – ha pensato bene di provare a strappare un Caravaggio alla Sicilia. È stato facile ottenere il via libera del proprietario del grande e fragile dipinto, il Fondo Edifici di Culto del ministero dell’Interno: il suo presidente Eike Schimdt, nominato da Matteo Salvini, è evidentemente incline a prestarne le opere a organizzatori che galleggino nell ’arcipelago leghista. Ma ciò con cui l’ex assessore all’Identità siciliana non aveva fatto i conti è la crescente insofferenza siciliana verso il tratto colonialista di una industria delle mostre che tratta i Caravaggio siciliani come casse di limoni da sbattere su camion e navi in partenza verso i ricchi mercati del nord. E ora la levata di scudi di istituzioni, intellettuali e giornali siciliani lascia sperare che le ruote di questo ennesimo carrozzone si inceppino.

Se una cosa il Covid dovrebbe averla insegnata è che abbiamo un disperato bisogno di ricostruire la comunione con gli spazi pubblici delle nostre città. Abbiamo bisogno di un turismo di prossimità in cui siano innanzitutto i siracusani e i siciliani a riscoprire il nesso tra la dolentissima, silenziosa Santa Lucia di Caravaggio e le pietre bianche della loro incantata città. Magari decidendosi a riportare quel quadro nel suo contesto d’origine: quella fascinosa chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, fuori dalle mura urbane, sul cui altare la volle il Senato di Siracusa nel 1608. Un luogo periferico e struggente, una chiesa intorno alla quale, al tramonto, giocano a palla i ragazzi poveri del quartiere: una situazione che sembra condensare l’idea di Pasolini (e di Roberto Longhi) del Caravaggio popolare, e rivoluzionario. È un nesso determinante, quello tra il quadro e lo spazio che lo ospita: perché il vero protagonista di questo capolavoro è proprio lo spazio enorme che inghiotte i corpi, aprendo la strada alle visioni abissali di Rembrandt. Tutta questa poesia, questa densità di significati, questa rete di sguardi: tutto finirebbe lacerato cacciando la Santa Lucia all’altro capo dell’Italia, nella luce fredda del Mart.

La morale della storia ce la regalano Bubbles, Maggie e Berkley. I tre pinguini che il Nelson-Atkins Museum di Kansas City ha pensato bene di far scorrazzare per le sue sale, vuote a causa della pandemia. Il direttore del museo ha dichiarato, serio, che si aspettava che i tre avrebbero sostato di fronte alle acque luccicanti di Monet. Invece – guarda tu – si sono incantati a guardare il malmostoso Battista adolescente di Caravaggio. “Non abbiamo idea di cosa sentano, di cosa gli passi per la mente quando sono di fronte a Caravaggio”, ha commentato, serio, l’ineffabile direttore del museo. È la stessa cosa che, qui in Italia, pensiamo degli stanchi domatori dello stanchissimo circo delle mostre.


Articolo pubblicato in “Il Fatto Quotidiano”, 26 maggio 2020

Immagine da Wikimedia Commons: Caravaggio, Il seppellimento di Santa Lucia (part.), 1608