Sono anni che registriamo in Friuli Venezia Giulia una tendenza trasversale a chiedere che, in relazione allo status speciale assegnato alla Regione, venga applicato il “modello Sicilia”,
ovvero la completa regionalizzazione delle funzioni di tutela e gestione del patrimonio culturale presente in quel territorio. Una pretesa naturalmente inaccettabile e quasi impercorribile dal punto di vista normativo, ma che da anni agita il dibattito locale tramite i proclami dei maggiorenti della politica friulana, indipendentemente dall’appartenenza politica. Regola a cui non si è certo sottratta l’attuale Presidente Serracchiani, il cui peso politico è certamente diverso dai suoi predecessori e che per tale motivo ha trovato orecchie più sensibili, che si sono concretizzati in una serie di Protocolli di Intesa tra MIBACT e Regione che hanno toccato varie problematiche, dalla esclusione al controllo delle Soprintendenze delle autorizzazioni per l’utilizzo di tavolini, sedie e simili, ombrelloni o strutture di copertura caratterizzate dall’assenza di interventi di infissione al suolo di tipo strutturale, da temporaneità e facile chiusura/rimozione, alla definizione del protocollo del Piano Urbanistico di Valorizzazione Territoriale, che include il patrimonio di proprietà pubblica della città di Aquileia. Fino all’utilizzo di una Fondazione ad hoc, costituita nel 2006 a cui è stato trasferito nel 2008 il 28% del patrimonio presente nel territorio di Aquileia, esteso, con l’ultimo Accordo, alla gestione di tutto il patrimonio archeologico gestito direttamente dal MIBACT. Insomma una diatriba datata che passa dalle cosiddette “interferenze” della Soprintendenza nelle forme di allestimento temporaneo di dehors e si realizza con una vera e propria politica di cessione complessiva dei beni di competenza statale ad un soggetto di diritto privato, quale è la Fondazione Aquileia. Il Ministro Franceschini si affanna a dire in queste occasioni che non si tratta di privatizzazioni. Al di là dell’evidente contraddizione formale e sostanziale di questa affermazione (la Fondazione è un ente di diritto privato a cui il Mibact trasferisce tutte le facoltà gestionali) il fondo di verità che ne traspare è ancora più preoccupante in quanto l’onere finanziario della gestione (lavori pubblici in corso, manutenzione, restauri e persino il personale) rimane in effetti a carico completo del Ministero. Di conseguenza siamo in presenza di una vera e propria cessione di sovranità da parte dello Stato senza che questo produca alcun beneficio dal punto di vista economico al bilancio del Ministero. E, entrando nel merito dell’Accordo, non si possono non evidenziare alcune palesi illegittimità proprio in relazione ai richiami normativi che hanno giustificato questa cessione.
L’accordo fra il MIBACT e la Regione Friuli – V.G. appare infatti illegittimo nella parte in cui viola palesemente l’art. 115 (Forme di gestione) del Codice dei beni culturali d. lgs. 42/2004, comma 5, che prevede che nel contratto di servizio (cioè l’accordo in questione) con cui le amministrazioni conferitarie dei beni culturali affidano ai soggetti giuridici costituiti ai sensi dell’articolo 112, comma 5, del medesimo Codice la gestione dei beni “sono determinati…i contenuti del progetto di gestione delle attività di valorizzazione ed i relativi tempi di attuazione, i livelli qualitativi delle attività da assicurare e dei servizi da erogare, nonché le professionalità degli addetti [dipendenti dai predetti soggetti]” e che “Nel contratto di servizio sono indicati i servizi essenziali che devono essere comunque garantiti per la pubblica fruizione del bene”, mentre nell’ipotesi d’accordo non si dice nulla su tutto questo e su quale sarà l’assetto organizzativo del Museo conferito.
Anche le previsioni operative dell’accordo in questione presentano diversi profili di grave incongruità che le rendono inattuabili. È del tutto illegittimo e contrario all’ordinamento vigente che l’accordo preveda che entro i 12 mesi dalla data di conferimento dalla data di conferimento dei beni immobili si procederà alla consegna delle collezioni dei beni mobili, “previa redazione, di specifico inventario delle stesse effettuato da parte della Fondazione”. Sarebbe l’unico caso noto in cui un inventario di beni da consegnare – nonché la loro relativa temporanea custodia – è affidato al consegnatario anziché al conferente. Non vengono infatti definite le responsabilità sui beni in questione in tale periodo transitorio. Quest’ultimo dovrebbe comunque avere diversa decorrenza in relazione al fatto che la palazzina del Museo archeologico, in ragione dei lavori di adeguamento e allestimento, è un cantiere di cui è responsabile il Ministero fino alla conclusione dei lavori, che si prevede per il mese di maggio, in data ancora da definire, con le connesse inscindibili responsabilità dello stesso in materia di sicurezza dei beni e delle persone.
Infine, l’ art. 5, comma 6, dell’ipotesi d’accordo prevede che “E’ consentita la messa a disposizione della Fondazione, su base volontaria, di personale del Ministero attualmente operante nelle aree archeologiche, nei Musei o comunque addetto a funzioni a questi connesse”. Anche prescindendo dall’assoluta e del tutto in sufficiente genericità della disposizione per quanto riguarda l’eventuale personale statale ‘messo a disposizione’ (cosa si intende per “messa a disposizione” – trasferimento di rapporto di lavoro o altro? E con quali funzioni e tempi?), non emerge dal testo alcuna chiarezza sulla sorte dell’attuale struttura organizzativa degli uffici della direzione del Museo, con le relative mansioni connesse alla gestione del museo e col rilevante archivio indispensabile per la la tutela e gestione dei beni.
In conclusione ci troviamo di fronte ad una ennesima operazione pasticciata, o meglio, ad un favore politico-elettorale che non trova alcuna altra giustificazione in quanto gli Accordi di valorizzazione possono tranquillamente essere stipulati mantenendo intatte le competenze gestionali in capo ai vari enti. E, se proprio si voleva puntare ad una maggiore integrazione tra gli Enti pubblici per la tutela e la valorizzazione del territorio di questa bellissima Regione, Ministro e Governatore potevano lavorare insieme per realizzare il Piano Paesaggistico Regionale, un obbligo anch’esso datato che vede ancora oggi il Friuli V.G. figurare ingloriosamente tra le molte Regioni inadempienti.
*Ferruccio Ferruzzi, Responsabile Dirigenza UIL-BACT
**Claudio Meloni, Coordinatore FP CGIL MiBACT