Manlio Lilli, Franceschini regola l’accesso ai grandi monumenti, ma dimentica il patrimonio diffuso

Il turismo è una crescita da gestire. Non si può mettere un ticket, ma servono regolatori di accesso. Saranno necessari prima o poi”. La ricetta di Franceschini è questa. Ripetuta a Cernobbio, in occasione del Forum di Confcommercio. Enunciata anche nello scorso settembre. Per il ministro “immaginare città a numero chiuso è un po’ difficile, perché sono luoghi che devono vivere. Si possono immaginare delle forme di regolamentazione degli accessi, ad esempio su Ponte Vecchio a Firenze non ci possono stare

contemporaneamente milioni di persone”. Posizione ribadita anche ad ottobre. “Se tutti i turisti vanno al Ponte di Rialto, alla Fontana di Trevi e agli Uffizi non ci stanno. La prima importante operazione è far conoscere, innanzi tutto agli italiani, luoghi come la Reggia di Caserta”. Chiaro. È una questione di spazi. Si tratta anche di sicurezza dei luoghi e delle persone che vi si concentrano, oltre che della possibilità di fruire, senza rischiare di essere travolti, Piazza San Marco a Venezia, la Fontana di Trevi a Roma, Monterosso alle Cinque Terre, piazza della Signoria a Firenze trasformati in disumane calche umane.

Quasi stravolti da un ammasso di turisti vocianti. Il turismo italiano si presenta troppo spesso in queste forme. I dati presentati al Forum restituiscono questa realtà. Nel 2016 sono arrivati in Italia quasi 56 milioni di stranieri, con un incremento del 55% rispetto al 2001. Insomma numeri importanti che però non possono soddisfare. Innanzi tutto perché sono il risultato di casi opposti, anche in una stessa città.
Accade a Roma dove convivono monumenti visitatissimi ed altri quasi ignoti. Senza contare quel che accade altrove, dove il patrimonio storico-artistico-archeologico è completamente escluso dai percorsi turistici dei tour operator. Il ministro parla della questione. Dice che c’è bisogno di far conoscere le bellezze “nascoste” del Paese. E aggiunge che “il Colosseo ha sei milioni di visitatori l’anno. Palazzo Venezia, che è a 600 metri di distanza, solo 50 mila”. Tutto vero. Molto tristemente. Ma Franceschini non dice che mentre lui continua ad investire sul Colosseo, Palazzo Venezia continua a rimanere un museo nel quale mancano le luci nelle vetrine e le didascalie sono troppo spesso attaccate con lo scotch. Ma non è solo a Roma che la miopia del ministro alimenta quelle stesse disparità che denuncia.
Grandi aree archeologiche e grandi musei sugli scudi, almeno nei propositi del ministro. Monumenti e musei “periferici” sempre più in difficoltà. Soffocati da risorse per la manutenzione ordinaria spesso inesistenti e peraltro poco noti. In ogni caso in maniera inversamente proporzionale ai materiali esposti. Franceschini non propone il numero chiuso come il governatore veneto Zaia ha fatto per Venezia e come Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario ai Beni e alle Attività culturali, ha twittato per le Cinque Terre. Regolare gli accessi non equivale al numero chiuso, ma prima ancora bisognerebbe introdurre politiche che facilitino la visita di luoghi meno noti.
Insomma il turismo di quel patrimonio diffuso frequentemente evocato da Franceschini. Evocato ma non perseguito, raccontano le cifre degli ingressi nei luoghi statali della cultura italiana. Anche per questo il problema del sovraffollamento di alcuni luoghi della cultura non sembra destinato ad avere una soluzione “democratica”. Insomma, che non penalizzi la fruizione. Il problema non si risolve con i tornelli all’ingresso di piazze e borghi, ma incrementando l’informazione su luoghi alternativi. La sensazione che con Franceschini al Ministero di via del Colle questo allargamento delle conoscenze non si compirà, si rafforza sempre di più. Ora “bisogna puntare a un turismo d’eccellenza, quello che porta ricchezza e non al mordi e fuggi”. È cosi che nascono i resort a cinque stelle in posti nei quali sarebbe insensato il solo pensarlo. È così che s’investe sul golf. È così che si utilizzano tanti luoghi della cultura per eventi “privati”. Il problema non è il numero chiuso, ma le politiche illiberali che spingono i turisti sempre nei medesimi luoghi. Per questo non vanno regolati gli ingressi a pochi monumenti, ma governata l’apertura di tutti gli altri.
07/04/2017 
 http://www.huffingtonpost.it/manlio-lilli/franceschini-regola-laccesso-ai-grandi-monumenti-ma-dimentica/?utm_hp_ref=it-homepage

 

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