Penelope Filacchione
Da due giorni a questa parte una bufera di chiacchiere su una statua (l’ennesima) dedicata alla Spigolatrice di Sapri. Da un lato chi la condanna – a ragione – per sessismo, dall’altra il sindaco, la commissione giudicatrice e gente comune che difende la “bella statua”.
Un’opera d’arte pubblica, con una commissione pubblica, va valutata per tutta la sua portata e per le eventuali conseguenze. L’arte è forma e contenuto e non basta rivolgersi a un “bravo scultore” – che però è specializzato in nudi, come ammette senza problemi l’autore Emanuele Stifano – per realizzare un’opera d’arte pubblica. Non basta neanche che lo scultore in questione sia tecnicamente competente, che sia locale, che si sia rivolto ad artigiani del posto per la fusione, perché una buona opera d’arte non è fatta solo di tecnica.
Quando poi l’opera in oggetto si riferisce a un poema garibaldino che racconta, visto dagli occhi di una contadina ignara, il massacro di trecento giovani che tentano l’insurrezione popolare contro il Regno Borbonico nel 1857, allora la portata storica è molto forte. Chi è la spigolatrice? È la testimone, scelta da Mercantini, per raccontare la morte di questi giovani per mano di seicento guardie borboniche che li uccidono senza pietà anche quando sono rimasti senza munizioni. Era il primo tentativo, prima ancora dello sbarco dei Mille a Marsala. Di trecento che erano solo trenta furono arrestati e processati, per il resto fu una esecuzione sul campo come tante ne avvennero in quel periodo storico. Tra i caduti anche Carlo Pisacane, che aveva combattuto tra le fila della Repubblica Romana nel 1849. Un utopista di stampo socialista libertario, che muore esattamente la mattina del 2 luglio 1857 a 39 anni nel “tiro al bersaglio” dell’artiglieria borbonica.
Una storia che riguarda momenti drammatici dell’Unità d’Italia. La scelta della spigolatrice nel poema indica la più umile delle donne: la battaglia per i diritti e per la libertà deve essere compresa da tutti – questo ci dice il poema – e spesso solo le persone più umili sono in grado di comprendere il senso di certe azioni, più di tanti intellettuali.
Le spigolatrici svolgevano un lavoro poverissimo: a loro, sotto il sole cocente, l’incarico di raccogliere le spighe rimaste dopo la mietitura per ricavare anche quell’ultimo po’ di pane. Grandissima la partecipazione di Millet in un dipinto che porta esattamente la stessa data del poema: non è un caso, dato che la corrente artistica del pittore francese si colloca esattamente nella scia di quel socialismo dell’arte che pervadeva l’Europa.
Insensata invece la scultura appena inaugurata. Se la statua precedente non aveva soddisfatto l’amministrazione comunale perché visibile solo dal mare – nonostante sia lunga due metri ci vuole un binocolo – l’idea di commissionare una Pin-Up, con tanto di manina a coprire (?) il seno neanche fosse una foto per Instagram, è davvero scellerata.
Non solo offende il buongusto, non solo la forma lascia proprio a desiderare (va bene giusto per i quadri un tanto al metro che si comprano sulle bancarelle), non solo offende il mondo femminile in generale riproponendo uno stereotipo del tutto assente nella poesia (che parla della bellezza del biondo Pisacane, mai dell’aspetto fisico della donna), ma offende anche la storia e tutti i suoi protagonisti.
Dunque, ha ben poco da difendersi la commissione sostenendo che “attira i turisti”: ciò che resta è la grandezza dei poeti combattenti italiani dell’Ottocento, che erano davvero molto più avanti di noi, in confronto alla pochezza intellettuale e politica di chi ha ridotto la storia risorgimentale a un fantoccio che non avrebbe concepito neanche la Disney.
Post pubblicato sulla pagina Facebook di ArtSharing Roma il 27 settembre 2021. Fotografia di AlMare da Wikimedia Commons.
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