Paola Rolletta
La Certosa di Trisulti, un presidio monastico di 800 anni, incastonato nei Monti Ernici in Ciociaria, è diventato oggetto di inchieste giornalistiche, denunce, interrogazioni parlamentari e banchi di tribunale da quando i monaci cistercensi l’hanno abbandonata.
Patrimonio monumentale di proprietà demaniale dal 1879, la Certosa, insieme ad altri beni dello Stato, è stata messa a bando dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e del Turismo (Mibact) per essere data in concessione.
La Certosa di Trisulti fu donata ai cistercensi di Casamari nel 1947 e qui fu istituito un centro di spiritualità e di diffusione della tradizione erboristica monastica. All’inizio del processo, erano rimasti solo quattro monaci, anziani e malati, il cui destino era quello di tornare al loro convento d’origine e la Certosa sarebbe tornata sotto la protezione dello Stato. Il languore soffocante dei grandi ordini religiosi medievali sta lasciando un vuoto che è molto difficile da colmare nel patrimonio monumentale sacro e reso di proprietà pubblica.
Per evitare la decadenza e non avere la capacità economica di garantire il mantenimento di questo patrimonio (per lo più consegnato agli ordini religiosi), la concessione dei beni è stata la possibile strategia trovata dallo Stato.
Infatti, con il decreto del 6.10.2015, il Mibact ha disposto la concessione in uso a privati di beni immobiliari del demanio culturale. Le concessioni sono riservate alle associazioni e fondazioni, di cui al libro I del codice civile, dotate di personalità giuridica ed in possesso dei seguenti requisiti:
a) previsione, per legge o per statuto, dello svolgimento di attività di tutela, di promozione, di valorizzazione o di conoscenza dei beni culturali e paesaggistici;
b) documentata esperienza almeno quinquennale nel settore della collaborazione per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale;
c) documentata esperienza nella gestione, nell’ultimo quinquennio antecedente la pubblicazione dell’avviso pubblico, di almeno un immobile culturale, pubblico o privato, con attestazione della soprintendenza territorialmente competente di adeguata manutenzione e apertura alla pubblica fruizione.
L’aggiudicazione in concessione è disposta secondo il criterio dell’offerta economica più vantaggiosa, tenuto conto del progetto di restauro indicante le misure e gli interventi che il proponente si obbliga a realizzare, il preventivo delle spese etc.. Il tutto in base ad un piano economico-finanziario, asseverato da primario istituto creditizio, che dimostri la sostenibilità economico-finanziaria della gestione. Vanno altresì specificati dal proponente, il prezzo dell’eventuale biglietto di ingresso e l’ammontare del canone proposto, rispetto a quello, indicato dal Ministero, costituente la base d’asta.
L’irremovibile abate
“I monaci erano anziani e erano stati richiamati a Casamari”, ci racconta l’ex Segretario generale del Mibact, Antonia Pasqua Recchia. “Ricevevo continue lettere perché volevano lasciare la Certosa. Li ho pregati di resistere almeno un altro anno per fare in modo di trovare le risorse umane e finanziarie per il recupero e la valorizzazione. Ma l’abate di Casamari, dom Eugenio Romagnuolo, è stato irremovibile”.
La Certosa soffriva di degrado. Anche il bosso dello splendido giardino all’italiana con le palme, a ricordare i punti cardinali della Gerusalemme celeste che prese il posto dell’hortus conclusus originario, si era ammalato. Numerosi cittadini si erano fatti portavoce dell’urgenza di intervento ministeriale, ma senza risposta. Così come rimase senza risposta l’interrogazione parlamentare di Nazzareno Pilozzi (Gruppo Misto) di luglio 2014 che chiedeva al ministro Dario Franceschini di intervenire urgentemente perché la struttura rischiava di subire danni irreparabili. “L’intero complesso nonostante la carenza di politiche volte a sviluppare i flussi turistici ospita annualmente 100.000 turisti da tutto il mondo. La grandiosità del complesso meriterebbe una valorizzazione pianificata e professionale, in concerto con le istituzioni locali”.
All’incanto, vince chi bara
Il Mibact, a guida Dario Franceschini, risponde alle istanze includendo la Certosa di Trisulti in un bando pubblico lanciato nell’ottobre del 2016: base d’asta 14 mila euro. I tempi strettissimi per l’invio del progetto spaventano le associazioni locali interessate alle sorti della Certosa. Rispondono solo due associazioni: la Dignitatis Humanae Institute che offre 100 mila euro, e l’Accademia Nazionale delle Arti di Petroro, che, però, non invia la documentazione sollecitata dal Mibact poiché il suo presidente, Massimiliano Muzzi, viene arrestato per frode fiscale nel maggio del 2018.
Il Mibact aveva formato una commissione multidisciplinare per la raccolta e l’analisi della documentazione. La DHI vince la gara proponendo un progetto di restauro per 1,9 milioni di euro distribuiti in 19 anni (100 mila euro l’anno), mantenendo la struttura aperta al pubblico con un biglietto di ingresso da 3 euro. Il piano economico finanziario prevede un costo complessivo di gestione di 403 mila euro all’anno (di questi 100 mila per il canone versato allo Stato e 100 mila per i lavori di restauro) a fronte di un ricavo variabile tra i 425 mila e i 575 mila euro.
A ben vedere, dopo l’approvazione della graduatoria, che vedeva la DHI aggiudicataria della concessione – intervenuta con decreto del 16 giugno del 2017 – il Ministero richiedeva alla DHI la documentazione a comprova dei requisiti dichiarati in fase di partecipazione. Ma qualcuno al Mibact si è “distratto” e non ha controllato la veridicità della documentazione.
Durante il lavoro della commissione, già erano note le critiche contro la DHI che già nel 2015 aveva tentato di “accaparrarsi” la Certosa usando influenze politiche e vaticane. Infatti, la DHI annovera tra i suoi sostenitori/fondatori vari cardinali (tutti appartenenti alla frangia anti papa Bergoglio) come il cardinal Renato Martino e il cardinale Raymond Burke. Tra i membri del board, personaggi politici come Rocco Buttiglione e Luca Volonté, e la foto di Steve Bannon nel website della DHI a sigillare il patto con tutti i membri del board, fra cui anche l’abate di Casamari, dom Eugenio Romagnuolo.
Contratti, verbali e distrazioni
Il 14 febbraio 2018, il Polo Museale del Lazio firma il contratto di concessione per 19 anni con un canone annuo di 100 mila euro con la DHI, con l’impegno di finalizzare com il verbale di consegna entro 30 giorni. Continuano le critiche di numerosi esponenti della società civile che non capiscono come si possa dare in concessione la Certosa ad un’associazione senza i requisiti necessari e addirittura dichiaratamente anti papa Francesco. La DHI, anche senza la finalizzazione del contratto, comincia da subito a fare cassa vendendo i biglietti per la visita a 5 euro, quasi il dopo rispetto alla cifra (3 euro) inserita nel progetto.
Numerose inchieste giornalistiche hanno denunciato fin da subito le incongruenze e la falsità della documentazione presentata dalla DHI. Oltre ad un piano finanziario molto modesto, l’asseverazione bancaria dell’agenzia di Gibilterra della Jyrske Bank, non garantisce neanche l’adeguata capacità finanziaria della DHI. Soprattutto, la mancanza della personalità giuridica e l’altro requisito principe del bando: aver gestito per un quinquennio prima del bando un bene pubblico o privato, aperto al pubblico e di competenza della Sovrintendenza dei Beni Culturali. Al sollecito inviato dalla commissione, la DHI ha presentato il contratto di gestione, a firma dell’abate di Casamari, del piccolo museo di Civita di Collepardo. Ma quel museo non è mai esistito! L’abate di Casamari, dom Eugenio Romagnuolo, aveva ricoperto il ruolo di vicepresidente della DHI, per poi essere membro del board dell’associazione fondamentalista cattolica.
I legami della DHI con la frangia anti papa Francesco; le notizie su finanziamenti occulti della DHI; e soprattutto la presenza di Steve Bannon – l’ex stratega del presidente americano Donald Trump – con i suoi piani eversivi, hanno fatto marciare, il 29 dicembre 2018, migliaia di cittadini e hanno spinto deputati, tra i quali Nicola Fratoianni di LeU, a fare un’interrogazione parlamentare. Ma il Polo Museale del Lazio il 29 di gennaio del 2019 firma il verbale di consegna del bene monumentale della Certosa di Trisulti alla DHI. Tecnicamente, escono definitivamente i monaci cistercensi di Casamari e entra ufficialmente la DHI (che in realtà già faceva affari dentro la Certosa e il Mibact non poteva non saperlo).
La bizzarra nomina in Biblioteca
Il complesso monumentale di Trisulti contempla anche una biblioteca statale con oltre 35.000 libri fra cui preziossimi incunaboli. La biblioteca statale non rientra nella concessione, vi lavorano funzionari del Mibact. Curiosamente, appena dopo la firma del verbale di consegna, il Ministero nomina quale conservatore della Biblioteca statale l’abate di Casamari, dom Eugenio Romagnuolo, membro della DHI, alla quale aveva dato in concessione la Certosa. Quest’ultimo nomina come direttore don Alberto Coratti, sempre dell’abbazia di Casamari. Dopo la morte di Romagnuolo, ad aprile 2020, Coratti ricopre entrambe le cariche.
Marcia su Trisulti
Comunità Solidali, un gruppo di associazioni locali, lancia una petizione per la raccolta di firme contro la concessione alla DHI e le consegna al ministro Alberto Bonisoli (M5s), il quale dichiara la volontà del suo dicastero di vigilare sulla destinazione della Certosa di Trisulti. Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, esprime contrarietà all’insediamento nel complesso di Collepardo di qualsivoglia Accademia o Scuola di formazione sovranista benedetta dal guru americano Steve Bannon.
A questo punto, la Procura regionale della Corte dei Conti del Lazio apre un fascicolo d’indagine per accertare se vi sia stato un danno erariale, oltre che d’immagine, per lo Stato italiano. Anche la Procura della Repubblica di Frosinone dà avvio alle indagini.
Il ministro Bonisoli, dopo aver sentito il parere dell’Avvocatura dello Stato annuncia, il 31 maggio 2019, l’avvio della procedura dell’annullamento della concessione in autotutela poiché la DHI non aveva i requisiti richiesti dal bando. E annuncia anche un’ispezione interna al Ministero.
Il 16 ottobre il ministro Dario Franceschini, tornato al Mibact, finalizza il procedimento con il decreto che annulla la concessione alla DHI che ricorre al Tar di Latina. Intanto continua il degrado della Certosa: crolla il tetto della Foresteria, infiltrazioni ovunque e volano le tegole degli altri edifici del complesso. La concessione prevede i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria del bene, ma la DHI non ha mai speso un centesimo. Il Polo esegue i lavori di riparazione dei tetti e finalizza, nel 2020, i lavori di restauro della Sala del Capitolo, con i denari raccolti tra la cittadinanza con l’Art Bonus (101 mila euro) e un finanziamento della Regione Lazio (100 mila euro), nel 2016.
Chi ha paura di Trisulti?
Nel frattempo, all’inizio di dicembre la DHI riceve anche un’ordinanza di sfratto per mancato pagamento del canone. Il Tar di Latina, nell’udienza di metà dicembre 2019, dà la sospensiva. Il Mibact ricorre al Consiglio di Stato, il quale rimanda alla decisione del Tar. La DHI rimane alla Certosa anche durante l’emergenza sanitaria. Nel frattempo, dodici associazioni del territorio decidono di intervenire ad opponendum nel procedimento ma, a maggio 2020, il Tar le esclude e pronuncia una sentenza a favore della DHI – che nel frattempo ha pagato in extremis il canone del 2019 – poiché il Mibact, secondo il Tar, è intervenuto a seguito di una resipiscenza giudicata tardiva e immotivata.
E mentre il Mibact decide di ricorrere al Consiglio di Stato, Benjamin Harnwell, il presidente della DHI, riceve l’avviso di fine indagini preliminari: la Procura della Repubblica di Roma lo accusa di falso e turbativa d’asta.
La Certosa di Trisulti è diventata un simbolo e merita un’operazione verità, da attuarsi al più presto. Non tanto per esprimere giudizi o censire i “buoni” e i “cattivi”, quanto piuttosto per chiarire la politica culturale del nostro bellissimo Paese.
Fotografie di Paola Rolletta