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«Il borgo piace a tutti, e proprio lì sta l’inganno. Se è bello senza condizioni vuol dire che è stato confezionato, smussato, deodorato, per i palati estetici della massa, come un prodotto da banco. Una riduzione a bomboniera che forse sta snaturando la miriade di paesini italiani, montani e non».
«Trovo inaccettabile la retorica su Napoli come città amata dai turisti stranieri, come città tra le più belle e visitate d’Italia quando non si riesce a mantenere un bagno di un museo così importante ai livelli minimi di decenza. Da italiana e da campana provo vergogna per quello che ho visto, una vergogna che però vorrei provassero anche coloro che dovrebbero occuparsi della tutela del patrimonio culturale italiano».
«Ma ciascuna scoperta non è forse straordinaria e al contempo ordinaria nella città che dal 1748 restituisce case, botteghe e modi di vita sepolti nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio? Osservando di persona l’abbandono in cui versano i quartieri pompeiani non battuti dai circuiti del turismo di massa si direbbe che Pompei non sia un "laboratorio di studio e ricerca" ma piuttosto una vetrina politica».
Un paesaggio bellissimo, uno specchio di mare circondato da storia e cultura, un centro storico di enorme pregio, una cintura di colline verdi: sembrerebbe un paradiso e potrebbe anche esserlo, se l’incapacità della politica non avesse lasciato Napoli in ostaggio dell’avidità dei privati e della violenza della camorra. Ai vecchi problemi insoluti, alla mancanza di servizi pubblici e alle bonifiche negate, recentemente si sono aggiunte l’esplosione del turismo e la disneyficazione del centro storico, rallentate dalla pandemia, ma viste ancora come l’unica economia possibile in una città schiacciata da un debito pubblico accumulato a colpi di commissariamenti straordinari e scommesse finanziarie. L’unica speranza sembra provenire dagli abitanti, che ancora credono che un’altra città sia possibile.
«Il ministro Enrico Giovannini ha teorizzato la distinzione tra un consumo di suolo “cattivo” e uno “buono”, indicando quest’ultimo in quello causato da poli logistici che favorissero il trasporto su rotaia invece che su gomma. Come gli ha fatto immediatamente notare Luca Mercalli, non esiste un consumo di suolo buono, proprio come non esistono metastasi tumorali buone in un corpo: quando il suolo è sigillato, è perso per sempre. E le conseguenze sono letali».
«Al di là dei dettagli e persino delle difficoltà, stupisce che questo progettone arrivi in una fase storica in cui aumentano le pressioni volte ad abbandonare il modello turistico insostenibile che ha caratterizzato gli ultimi 20 anni: per gli alti costi ambientali, il conflitto con la residenzialità e la conseguente crescita degli affitti, per il lavoro di bassa qualità su cui si basa e, in definitiva, per evitare una pressione eccessiva su singoli luoghi e città. Qui, invece, siamo di fronte al 22% dei fondi per il turismo del Pnrr investiti su un solo luogo, Roma, già ben inserito nei flussi turistici internazionali, e quasi tutti in vista di un solo evento. Esattamente il contrario di quanto vanno facendo tante capitali e centri turistici europei: quanto ciò giovi alle prossime generazioni, non si sa».
«Gli investitori e il Comune hanno ribadito la regolarità dell’operazione con i pareri della Soprintendenza. Ma nei sostenitori dell’appello resta il sospetto di una speculazione in un’area a tripla protezione: i vincoli per Velia del 1967, il Parco del Cilento e la legge regionale».
«Molte altre strade, di nuove destinazioni non commerciali (dalle biblioteche alle scuole di lingua per migranti, dai centri di ascolto ai centri di ricerca aperti al pubblico) si possono intraprendere: purché la bussola del riuso delle antiche chiese sia sempre il pieno sviluppo della persona umana».
«Se il Pnrr avesse pensato alla messa in sicurezza e all’abitabilità metromontana di questi territori, e non al turista, forse sarebbe stato sensato. Investendo su residenzialità temporanea, doppie abitazioni, servizi e strutture collettive». 

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