Mezzo miliardo per il Giubileo: se va bene ne spenderemo il 10%

Vincenzo Bisbiglia e Leonardo Bison

Qual è il futuro che l’Italia ha in mente per Roma, capitale europea del XXI secolo? A giudicare dai progetti previsti per la Next Generation, la “prossima generazione” che dà il nome al Piano nazionale di ripresa e resilienza, il destino della Capitale è di essere “Caput Mundi”, come quando si trovava a capo di un impero scomparso da migliaia di anni. Suggestioni storiche a parte, il progetto Caput Mundi – New Generation Eu per grandi eventi turistici, presentato in Campidoglio il 29 giugno dal ministro del Turismo Massimo Garavaglia e dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri, prevede di investire 500 milioni di euro, quasi un quarto dei circa 2 miliardi stanziati nel Pnrr per l’intero comparto turistico, per Roma e il suo territorio in vista di un solo evento turistico: il Giubileo 2025. Il progetto consta di 335 interventi su 283 diversi siti archeologici e culturali, coinvolgendo nella scelta degli stessi e nell’attuazione dei progetti ministero del Turismo, Soprintendenze, Parco Archeologico del Colosseo, Parco Archeologico dell’Appia Antica, Diocesi di Roma, Regione Lazio e Roma Capitale.

“Un bel progetto, condiviso, che ha come obiettivo principale valorizzare meglio l’intenso patrimonio del nostro Paese, valorizzarlo tutto, distribuendo i flussi turistici anche nelle zone meno conosciute”, ha spiegato Garavaglia. Peccato che, mentre si punta per iscritto a “creare offerte alternative ai percorsi tradizionali anche fuori dal centro storico” e “formare personale qualificato da far entrare in servizio”, nella pratica si faccia tutt’altro: circa 460 milioni sui 500 totali sono destinati infatti alla città di Roma – 20 milioni al Parco del Colosseo, il sito più visitato d’Italia – e soprattutto nelle aree centrali, con stanziamenti per edifici ben noti, come Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, o il Quirinale. Di assunzioni e formazione del personale, invece, non c’è traccia: certo in molti lavoreranno con gli appalti e gli affidamenti, ma non significa che poi entreranno in servizio nella P.A. romana, salvo voler immaginare future stabilizzazioni.

E ancora: è ben difficile credere che molti di questi interventi vedano la luce in tempo per il Giubileo 2025: neanche 30 mesi di tempo, e nella stragrande maggioranza dei casi non ci sono ancora né i progetti né i progettisti (nella bozza del Pnrr del governo Conte 2, il progetto prevedeva interventi anche in vista della Ryder Cup 2023, il torneo internazionale di golf, poi depennato nella nuova versione per ovvi motivi). Per il Giubileo del 2000, per capirci, la progettazione fu molto più lunga: iniziò nel 1993 con interventi previsti per 2.578 miliardi di lire, ma entro l’apertura della Porta Santa furono realizzate opere “solo” per 300 miliardi. La città ne uscì comunque profondamente cambiata, anche se progetti come la Metro C, dopo 22 anni, non sono ancora completi.

La situazione ora si presenta simile, ma con molto meno tempo a disposizione. Scorrendo la lista degli stanziamenti si può immaginare un centro di Roma rimesso a nuovo, e anche “valorizzato”, dato che quasi tutti gli interventi prevedono, nella stessa spesa, sia il restauro conservativo sia la valorizzazione del luogo, dalle Mura Aureliane (21 milioni di euro) alle Terme di Traiano (7 milioni) fino alla riqualificazione della riva sinistra del Tevere (10 milioni), alla riconversione dell’ex Mattatoio di Testaccio (18 milioni) e ai restauri di moltissime chiese e ambienti ecclesiastici, parchi, ville… Diversi di questi stanziamenti sono in realtà sconnessi dall’evento del 2025, come nel caso degli oltre 20 milioni per il Museo della Civiltà Romana all’Eur, “chiuso temporaneamente” dal 2014 per lavori di riqualificazione mai avvenuti: per la riapertura dovrebbero servire circa 4 anni.

Gli interventi giubilari comunque non mancano, come i ben 4,5 milioni per realizzare “totem informativi nel circuito delle chiese europee” e “volumi librari descrittivi dei beni artistici e di valore culturale presenti in importanti edifici di culto della capitale” o i 3,3 milioni per creare “una app integrata del patrimonio sacro di Roma geolocalizzata che guidi il turista e offra i servizi di prenotazione e bigliettazione e social”. A non dire dei 12 milioni “per eventi artistici e culturali nella città di Roma, dal centro alla periferia, al fine di favorire la fruizione turistica” durante il periodo giubilare. Il tutto sarà coordinato da una task force per cui vengono stanziati 9,7 milioni di euro: a significare da un lato che la P.A. non è dotata del personale necessario a gestire questi progetti e dall’altro che questa mole di denaro sarà gestita da personale esterno.

Fonti vicine al dossier confermano l’esistenza di grosse difficoltà con il ministero del Turismo e il Comune di Roma che si rimpallano le competenze: si calcola che si concluderanno in tempo utile circa il 10% delle opere previste, una trentina di tagli di nastro in tutto. Ma gli eventi celebrativi non mancheranno: è stato stanziato 1 milione e mezzo di euro per il “Recovery Festival” (sic), cioè per eventi “in occasione della conclusione dei lavori di restauro” nei siti più importanti. A quanto risulta al Fatto, si è deciso di creare una priority list che sarà utile anche per interventi futuri.

Al di là dei dettagli e persino delle difficoltà, stupisce che questo progettone arrivi in una fase storica in cui aumentano le pressioni volte ad abbandonare il modello turistico insostenibile che ha caratterizzato gli ultimi 20 anni: per gli alti costi ambientali, il conflitto con la residenzialità e la conseguente crescita degli affitti, per il lavoro di bassa qualità su cui si basa e, in definitiva, per evitare una pressione eccessiva su singoli luoghi e città. Qui, invece, siamo di fronte al 22% dei fondi per il turismo del Pnrr investiti su un solo luogo, Roma, già ben inserito nei flussi turistici internazionali, e quasi tutti in vista di un solo evento. Esattamente il contrario di quanto vanno facendo tante capitali e centri turistici europei: quanto ciò giovi alle prossime generazioni, non si sa.


Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 1° agosto 2022. Fotografia da PxHere.

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