Privati di Venezia: un libro prezioso, e la sua straordinaria attualità

Tomaso Montanari

Dopo l’uscita del mio articolo dedicato alla terrificante targa murata sul Ponte di Rialto per celebrarne il ‘mecenate’ Renzo Rosso, ricevetti una mail di Paola Somma. Il testo era laconico («In allegato la lista dei regali che abbiamo fatto al mecenate»), e l’allegato – a me colpevolmente sconosciuto – illuminante. Era il “Piano della comunicazione del restauro del Ponte di Rialto”, documento ufficiale dell’Assessorato ai Lavori Pubblici (aggettivo che suona vistosamente ironico) del Comune di Venezia (giunta Orsoni), che elencava un incredibile rosario di concessioni: «All’azienda viene concessa la possibilità di personalizzare la struttura (fiancate e tetto) di n. 2 vaporetti, ciascuno per una durata complessiva di 730 gg; all’azienda viene concessa la possibilità di esporre, per i 18 mesi di durata dell’installazione del cantiere sulla struttura stessa del ponte, spazi di comunicazione aziendale inseriti nella struttura dell’assito di cantiere; all’azienda viene concesso di utilizzare la struttura del Ponte di Rialto o eventuale altra location per effettuare proiezioni artistiche, anche personalizzate con logo ed altri elementi di comunicazione dell’azienda; All’azienda viene concessa la possibilità di personalizzare n. 2 imbarcaderi ACTV mediante l’esposizione di n. 4 banner personalizzati cm 200×260 cadauno».

Un elenco di elargizioni da capogiro, capace di far cancellare già dopo la prima voce la parola ‘mecenate’: perché un mecenate è chi regala del denaro in cambio di nulla (se non prestigio e legittimazione sociali e morali), mentre è uno sponsor chi stipula accordi capaci di garantirgli un ritorno economico (attraverso la pubblicità) assai più rilevante della cifra versata. Naturalmente in questo secondo caso, la condizione è che le autorità pubbliche siano disposte a trasformare la città in un mercato privato. E se uno continua a leggere quel piano di prostituzione di Venezia si toglie, su questo, ogni dubbio: «All’azienda viene concesso l’utilizzo delle seguenti location per l’organizzazione di eventi privati aziendali:  Ca’ Vendramin Calergi (sede principale del Casinò di Venezia): n. 4 volte all’interno dei tre anni di durata del contratto. Teatro La Fenice: n.2 volte all’interno dei tre anni di durata del contratto. Ca’ Rezzonico (sede del Museo del Settecento Veneziano, Fondazione Musei Civici Veneziani): n. 2 volte all’interno dei tre anni di durata del contratto. Per Ca’ Vendramin Calergi, Teatro La Fenice e Ca’ Rezzonico: la capienza, le caratteristiche delle aree per l’accoglienza, i servizi disponibili e le modalità di svolgimento dell’evento variano a seconda della location, e devono quindi essere preventivamente concordate con il Comune di Venezia e coi i soggetti gestori sulla base del calendario di disponibilità delle location. Palazzo Ducale (Fondazione Musei Civici Veneziani): n. 2 volte all’interno dei tre anni di durata del contratto. Piazza San Marco: possibilità di organizzare n. 1 evento personalizzato nell’arco dell’intera durata del contratto da svolgersi in Piazza San Marco». Nemmeno a un doge sarebbe stato consentito tanto. E il vero capolavoro del piano di comunicazione è che qualcuno si senta anche in dovere di ringraziare chi si sta prendendo Venezia per un tozzo di pane.

Ora la fortuna di avere una corrispondente come Paola Somma (già docente di Urbanistica allo Iuav di Venezia) non è più riservata a una cerchia ristretta: è infatti appena arrivato in libreria il suo Privati di Venezia. La città di tutti per il profitto di pochi (Castelvecchi, 159 pp., 17,50 euro). Quella della professoressa Somma è, da anni, la voce più radicale e lucida sulla situazione drammatica, e sul destino, di Venezia. E questo libro indispensabile è una discesa agli inferi della privatizzazione, dello svuotamento, della privazione di senso di quella che è stata la città per eccellenza nell’immaginario occidentale. La «parola d’ordine è che le fabbriche diventino alberghi, gli operai camerieri», la Laguna «un terreno di conquista per investitori stranieri», l’Arsenale è stato «spartito», il Fontego dei Tedeschi regalato a Benetton, la Biennale dell’architettura trasformata in vetrina della svendita e premio per gli architetti conniventi. Un quadro terribile, descritto con una prosa asciutta e priva di retorica, sorretta ad ogni affermazione da una documentazione inoppugnabile. «La speranza – scrive Paola Somma – è che questo libro possa servire da avvertimento ai cittadini di altri luoghi che, di fronte alla distruzione delle opportunità di lavoro e al degrado delle loro condizioni di vita, sono indotti a pensare che il turismo sia l’unico modo per sopravvivere e che il patrimonio pubblico sia un fardello di cui è bene liberarsi. In ogni caso, intende proporre una versione dei fatti alternativa a quella dominante, affinché la nostra storia non sia scritta dai vincitori. Come è noto, in guerra, la prima vittima è la verità».


Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 4 ottobre 2021. Fotografia di Paola Somma.

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