La Biblioteca Universitaria di Pisa* è uno scandalo nazionale, ma nessuno ne parla. La biblioteca, e lei sola a Pisa, sarebbe stata colpita il 29 maggio 2012 dal terremoto dell’Emilia, ed è stata chiusa, lei sola, con ordinanza del sindaco perché i Vigili del fuoco, dopo ispezione a vista, hanno dichiarato di non poter escludere un crollo. Dopo di allora, nulla per 3 anni.
Il Rettore ha tentato invano di farsi regalare la Biblioteca, poi si è messo a cercare soldi per i lavori di sicurezza e ristrutturazione che, beninteso, era tenuto a fare anche prima del terremoto: ma il terremoto giustificava lo sgombero, e poi, dopo il terremoto, i soldi si trovano più facili. Infatti i soldi di Regione, Ministeri e una fondazione bancaria sono arrivati per tutto il palazzo, e i lavori sono cominciati dopo quasi 4 anni. Per tutto il palazzo? no, perché il rettore ha deciso che spettavano solo a Giurisprudenza, e la Biblioteca non si doveva proprio toccare “nel rispetto delle competenze.” Ma i libri stavano ancora lì: e dunque, in mancanza di altri terremoti entro i 300km, alla beffa si è aggiunto il danno. Per fatalità un tubo si è rotto proprio sopra la biblioteca con danni ai libri che (è passato un anno) ancora si devono quantificare: ma evidentemente da quel momento i libri risultavano in pericolo e, dopo anni di stasi totale, con improvvisa sollecitudine sono stati portati in deposito a Lucca, tutti, senza alcun piano di rientro e senza neppure un progetto per restaurare l’esistente. Nessuno sa se e quando riaprirà la Biblioteca, ma i lavori al palazzo (tubo a parte) non sono andati meglio: dovevano finire in 309 giorni, secondo il categorico cronoprogramma, ma siccome i tecnici dell’Università non avevano visto, può scappare, un “preoccupante quadro fessurativo”, si è rinviato il termine una volta e poi un’altra, fino ad arrivare a due anni e due milioni di spesa in più. In questo quadro, mentre i soldi pubblici evaporano tra le fessure e i cronoprogrammi, la piazza è un deserto malinconico e i negozi chiudono uno dopo l’altro, il comune si è detto “attento”, la regione “preoccupata”, la soprintendenza “impegnata”, i bibliotecari “indaffaratissimi”, gli universitari non si sono proprio detti, anzi si sono defilati. Dopo cinque interminabili anni, più della Concordia, più di qualsiasi governo della repubblica, più di una sindacatura, di un rettorato o perfino di una tornata di chiamate accademiche, la Sapienza è ancora chiusa e a pagare sono soprattutto i libri, centinaia di migliaia di volumi, spesso insostituibili testimonianze di una storia di studi, di risorse, di occasioni. Mai visto una città disposta a tanti sforzi pur di disfarsi delle sue biblioteche.
*La biblioteca dipende dal Ministero Beni Culturali, non dall’Università, con il cui Dipartimento di Giurisprudenza divide da secoli il palazzo originario e più bello, la Sapienza.
16 Maggio 2017