Luigi De Falco*
Dietro la prospettiva della vendita del Monte di Pietà appare velata la sensazione di una speculazione. Si parla delle più varie valutazioni dello storico edificio. 2,5 milioni di euro, 3, 6, 8: sembra un gioco al rilancio. Ci si chiede quale sia la strategia di una così importante “istituzione” dalla brillante storia centenaria, quale il Banco di Napoli, trasformatasi nel “comune” venditore che sembra non più identificarsi con l’importante istituzione privata che aveva garantito tante valide iniziative culturali.
Sembra si voglia giocare al rilancio affinché l’ente pubblico di turno (confidiamo si faccia avanti) voglia inserirsi nella trattativa come prevede la legge sulla tutela monumentale, ma a condizioni dettate fuori dal tavolo. Chi si gioverebbe di questo prevedibile “massimo rialzo”? Il fu Banco di Napoli? O l’improbabile investitore che promuoverebbe matrimoni di gran classe illuminati da fiaccole per le Rolls in arrivo con autista, tuba e palandrana, invitati ingioiellati, smoking e tacchi a spillo, giunti con la metro a piazza Garibaldi, nel rispetto dell’isola pedonale. Non se ne avvantaggerebbe certamente la collettività.
A differenza di palazzo Penne, il piano regolatore di Napoli non individua sul palazzo un vincolo di destinazione pubblica. Il Prg prende invece atto del fatto che il palazzo è di proprietà privata, ma nelle norme che ne disciplinano trasformazioni e usi possibili, stabilisce chiare destinazioni che privilegiano l’originaria (art. 103), non escludono quella attuale, ma aprono anche ad altri usi del bene. Spazi commerciali sono ammessi “al minuto” al piano terra, o a supporto di attrezzature culturali (musei, biblioteche, sedi espositive, centri di ricerca, archivi), e sedi di istituzioni pubbliche, oppure religiose (la chiesa resta a servizio del quartiere), assistenziali in genere, scolastiche, ricettive, abitazioni specialistiche o collettive, mentre il frazionamento in più unità resta ammesso solo nei casi condivisi dalla Soprintendenza. La norma di Prg vale per tutte le tipologie edilizie appartenenti al tipo “speciale”, nel quale il Prg identifica il palazzo.
Tuttavia su ogni possibile trasformazione e su ogni possibile utilizzo, per legge prevale il giudizio della Soprintendenza che sarà chiamata a esprimersi sugli interventi di restauro, ma pure sulle più consone utilizzazioni – anche alternative alle attuali – rendendo su tutte il proprio parere che potrà imporre disposizioni anche più restrittive di quelle del Prg. Insomma a Banca Intesa anche il Prg offre la possibilità di ripensare nuovamente lo storico Banco di Napoli quale riferimento culturale per la città, proponendo l’edificio storico del Monte di Pietà per un nuovo Museo che racconti la storia stessa del Banco, che raccolga le sue preziose opere d’arte, ma anche una raccolta dei presepi napoletani, come chiedono tanti ex dipendenti preoccupati per una speculazione. Questa destinazione specifica potrebbe essere addirittura imposta dalla Soprintendenza all’eventuale privato compratore. È pensabile l’approdo a Napoli di tanto illuminato sostenitore della cultura, che ci risparmi lo spettacolo dei matrimoni e altro?
* L’autore è vicepresidente di Italia Nostra – Sezione di Napoli
Mercoledì 21 aprile alle ore 11 (via San Biagio dei Librai, 114 Napoli) la sezione napoletana di Italia Nostra sarà presente al presidio di comitati, associazioni, liberi cittadini contro il trasferimento a privati del Palazzo del Monte della Pietà e della sua Cappella, contro la sua trasformazione in paninoteche e contenitori di eventi estranei ai cinquecento anni di storia del monumento.
Articolo pubblicato su “la Repubblica – Napoli” il 16 aprile 2021. Fotografia di IlSistemone da Wikimedia Commons.
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