Il bavaglio della politica alle soprintendenze

Fabio Grasso

Nei giorni scorsi il sindaco di Bari, Antonio Decaro, è stato il promotore dell’ennesimo, neanche più originale a dire il vero, attacco a una soprintendenza. Questa volta è quella Archivistica e Bibliografica della Puglia la cui unica “colpa” è l’applicazione della Carta Costituzionale (e in particolare l’articolo 9) che il sindaco ricorda ma che, evidentemente, sembra anche di non aver inteso nello spirito voluto da madri e padri costituenti.

Il testo ”scritto” dal sindaco sulle pagine di Repubblica, sotto forma di una lettera al Ministro Dario Franceschini, ha, in generale, un vago sapore “nostalgico”, da Ventennio verrebbe da dire, e ciò non meno a cominciare, per certi versi, da quell’iniziale “caro ministro” in cui è già tutta la disperazione di chi vuole ottenere ragione mostrando familiarità con il suo interlocutore. Niente della classica captatio ovviamente. Un curioso incipit linguistico, dato il contesto, utile, però, perché anticipa il tenore del resto del contenuto, anche a tratti contraddittorio, della sua lettera. Vale la pena di ricordare che la struttura stessa in cui ognuno di noi si esprime dà informazioni sul nostro reale modo di pensare con più verità addirittura forse da quanto espresso dallo specifico strumento (verbale, grafico, gestuale ad esempio) utilizzato.

Tralasciamo il fatto che il sindaco confonde i termini di funzionario e dirigente, dimostrando di avere poca conoscenza almeno dei ruoli dei protagonisti di questa vicenda. Più interessante è, invece, là dove scrive: «In particolare quando, in piena emergenza pandemica, ha contestato prima la nostra iniziativa di dotarci di un regolamento per lo smart working, poi la scelta di adottare un regolamento per l’erogazione di certificazioni anagrafiche da parte delle edicole e infine quella di avviare uno sportello virtuale per la relazione con i cittadini. Allora siamo stati censurati perché colpevoli, a suo dire, di non avere chiesto preventiva autorizzazione del suo ufficio».

A questo proposito appare opportuno segnalare quanto ricordatoci in ambienti ministeriali e cioè che le soprintendenze hanno competenze di vigilanza sugli archivi pubblici sin dalla loro prima formazione. Definiscono flussi documentali digitali, autorizzano i manuali di gestione, etc. Tutta la partita degli archivi correnti digitali deve passare da quegli uffici ministeriali. Esternalizzare la produzione di un segmento di archivio corrente significa violare l’integrità di archivio e va autorizzata e gestita dalla soprintendenza.

Per quanto riguarda il progetto della Public Library cui accenna lo stesso Decaro i problemi con la soprintendenza nascono dal fatto che il Comune di Bari avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione per quel progetto. Tale autorizzazione in soprintendenza non sarebbe mai arrivata. Nessuna opposizione pregiudiziale, quindi, ma solo la richiesta del rispetto delle leggi. Risulta, inoltre, che la soprintendenza avrebbe richiesto informazioni al Comune ma senza risposte.

Per quanto riguarda poi le Giornate del Fai, citate da Decaro, andrebbe almeno ricordato che l’iniziativa solleva oramai da anni significative polemiche e dubbi per il fatto che questa fondazione privata usa volontari come “ciceroni” senza che questi ultimi abbiano la più che doverosa abilitazione all’esercizio della professione di guida turistica. Lavoro, quindi, svolto gratis e spesso da non abilitati e, per quanto è stato possibile verificare in molti casi, anche abbastanza inesperti. Almeno questo, per un sindaco che si professa di Sinistra, dovrebbe essere un motivo di riflessione politica. Decaro ne è ignaro o finge di non sapere. La questione Fai è diventata ancora più impellente proprio in tempi pandemici. Quanti professionisti disoccupati del settore turismo potrebbero essere impiegati e regolarmente retribuiti dal Fai?

Ultimo dato piccolo ma significativo: negli anni scorsi a Bari è stata ospitata una mostra “virtuale” dedicata al pittore Van Gogh talmente circense nei suoi effetti speciali da obbligarci a riflettere su quale reale idea del termine “attività culturale” abbia il sindaco Decaro. Là dove lo consente la legge, il ruolo delle soprintendenze diventa quindi fondamentale per impedire proprio che i politici di turno, spesso senza un’adeguata formazione culturale, possano cadere, nella migliore delle ipotesi, in astrusità che farebbero ridere se non chiamassero in causa il problema più grande e serio delle forme con cui la cultura si avvicina ai cittadini.

Da ultimo. Il ministro Franceschini, in un’intervista sempre su Repubblica il 23 maggio, risponde al sindaco che «[…] saranno fatte verifiche» circa l’operato della Soprintendenza Archivistica pugliese. Al ministro e al sindaco vorremmo ricordare, però, che le soprintendenze devono agire in assoluta indipendenza dal potere politico e che funzionari e dirigenti non possono essere “perseguitati” solo perché applicano la Costituzione. Se il ministro volesse davvero tutelare a sua volta l’operato delle soprintendenze allora dovrebbe cominciare a guadare con più attenzione alla realtà e, ad esempio, proprio a quanto accade in Puglia dove manca addirittura il soprintendente della città metropolitana di Bari.

L’incarico è retto ad interim e quindi in una condizione di evidente precarietà, instabilità; elementi questi che possono nuocere alla tutela. E in questi ultimi mesi si sono verificati casi a Bari (villino Liberty) così come a Barletta (castello) in cui la tutela è stata davvero a rischio. Non risulta che il sindaco Decaro si sia preoccupato e stia facendo una lotta di civiltà presso il ministro contro la significativa mancanza di un soprintendente titolare proprio a Bari. Forse sbagliamo nel dirlo, ma si ha l’impressione che, più in generale in tutto il nostro paese, la tutela del patrimonio della “Nazione” sempre più spesso e sempre per più numerosi forse velleitari costituzionalisti non sia una priorità. L’appariscenza circense, ricercatissima da certa politica, vale ogni giorno più della Costituzione Repubblicana.


Fotografia di Fabio Grasso.

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