Dal Franchi di Firenze a Italia.it. Fondi scarsi e poco “culturali”

Leonardo Bison

“La cultura guiderà la ripartenza del Paese”, ha spiegato il ministro Dario Franceschini, illustrando la parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza sui settori turistico e culturale, quelli che hanno patito di più le conseguenze della pandemia, con metà dei posti di lavoro persi nel 2020. Eppure si tratta di una delle voci meno finanziate: 8 miliardi, solo il 3% del totale, all’interno della più ampia missione del Pnrr “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”. Ma al di là dei numeri, è la destinazione dei fondi ad apparire poco culturale.

Riqualificazione, rigenerazione, infrastrutture, immobili da Trieste a Trapani: è il leit motiv dell’intero piano, con 2,7 miliardi per ristrutturare borghi, giardini storici e proteggere l’architettura rurale. Nei suoi aspetti fondamentali ricalca quello presentato a novembre dal Conte-2. Centrali sono i “grande attrattori”: 14 interventi, distribuiti per Regioni e città, che dovrebbero rilanciare turismo e cultura finanziati con 1,46 miliardi. Tra questi c’è la riqualificazione dello Stadio Franchi di Firenze – novità rispetto al piano Conte – finanziato con 95 milioni; la costruzione di un nuovo polo per la Fondazione La Biennale di Venezia (169 milioni), un nuovo Museo del Mediterraneo a Reggio Calabria progettato da Zaha Hadid (53 milioni). E poi 100 milioni per la creazione della Biblioteca Europea di Informazione e Cultura a Milano: progetto fermo dal 2011, sparito dai radar ma saldamente gestito da una Fondazione attiva dal 2004. O ancora 435 milioni per itinerari e treni storici, non meglio precisati. È Roma a farla da padrona, con oltre 600 milioni per grandi eventi e progetti turistici. Poi ci sono 500 milioni dedicati al miglioramento dell’offerta turistica della Capitale in occasione della Ryder Cup di golf del 2022 e del Giubileo 2025, a cui si aggiungono 105 milioni per un “progetto strategico” Urbs, dalla città alla campagna. Compaiono nel piano anche progetti che si pensavano sepolti, come la creazione di un “hub per il Turismo digitale”, finanziato con 100 milioni, che punta alla “messa a scala del portale Italia.it ”, aperto nel 2007 e diventato emblema dello spreco di fondi pubblici, con oltre 60 milioni investiti a fronte di un pessimo servizio.

La maggiore novità rispetto alle bozze autunnali è l’investimento di 800 milioni per creare depositi temporanei per la protezione dei beni culturali mobili in caso di calamità naturali. Sono 5 i siti individuati, sul modello del deposito del Santo Chiodo a Spoleto. “Ma se non c’è personale che garantisca i restauri e il rientro delle opere nel luogo d’origine, si rischia di tenere quei beni culturali ostaggio dei depositi”, spiega Alessandro Delpriori, docente di storia dell’arte all’Università di Camerino”. Anche la scelta dei luoghi lascia perplessi gli addetti ai lavori: con l’eccezione di Camerino, sono siti lontani o lontanissimi dalle principali aree sismiche d’Italia. Il solo trasporto in caso di urgenza avrebbe costi enormi, spiega Delpriori. L’investimento si concentra su tre centrali nucleari in dismissione – Bosco Marengo (Alessandria), Caorso (Piacenza) e Garigliano (Caserta) – di proprietà del gruppo Sogin, partecipato interamente dal Tesoro e con parecchi debiti pregressi (458 milioni al 2018) e su due ex caserme (Roma e Camerino). 

Questa parte di Pnrr sembra risolvere più i problemi di altri settori limitrofi che quelli culturali. Ognuno degli investimenti, esclusi i 300 milioni per l’industria cinematografica, si occupa di fattori non strettamente culturali. E in un ministero con carenza di personale, è preoccupante. Emblematico è il caso delle centinaia di milioni investiti per la digitalizzazione, come spiega Micaela Procaccia, presidente dell’Associazione nazionale archivistica italiana: “Non esiste digitalizzazione senza una corretta gestione dei flussi documentali fino all’archiviazione. Ma oggi il ministero non ha le competenze interne per controllare quei processi che saranno esternalizzati in modo caotico”.

Draghi ci ha messo la faccia. Sarebbe bastato ascoltare le associazioni coinvolte per evitare una distribuzione caotica di fondi pubblici.


Articolo pubblicato su “Il Fatto Quotidiano” il 28 aprile 2021. Immagine in evidenza: Regium Waterfront, Render © Zaha Hadid Architects. 

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