Che c’entra il Cavallo della mostra con il Piazzale del Lavoro?

Italia Nostra – Sezione Forlì

Nei giorni scorsi il comune di Forlì ha deciso di collocare nel piazzale che dagli anni Venti al 1977 fu il centro dell’attività produttiva della cittadina romagnola un grande cavallo di resina bianca. Si tratta del totem pubblicitario raffigurante il Cavallo di Troia realizzato lo scorso anno in occasione della mostra Ulisse. L’arte e il mito allestita presso i Musei San Domenico di Forlì, elevato dall’assessore alla Cultura Valerio Melandri a simbolo della vocazione culturale della città. Riportiamo di seguito il duro comunicato della sezione forlivese di Italia Nostra.

Il cavallo collocato in Piazzale del Lavoro è una struttura priva di qualsiasi qualità formale che invece di finire in discarica o in qualche remoto deposito viene scaricata a pascolare in mezzo al prato di una rotonda davanti alla palazzina uffici dell’ex fabbrica tessile Mangelli.

L’operazione, voluta da Comune e Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, è stata presentata dall’assessore Melandri come una “scelta che simboleggia la potenza dell’arte e le molteplici declinazioni del suo linguaggio” e starebbe a esprimere il valore delle grandi mostre. In realtà si tratta di un intervento privo di qualsiasi fondamento e, soprattutto, di rispetto per uno dei luoghi che hanno sempre rivestito un particolare significato per la città, come piazzale Mangelli, testimone di vicende che hanno segnato la storia della comunità forlivese.

Che c’entra, infatti, il Cavallo di Troia, dalle forme sgraziate e di un improbabile colore bianco abbagliante, da sempre simbolo di guerra e di morte, frutto di un inganno che portò alla distruzione di una civiltà, con un luogo che ha visto scioperi, comizi, persino funerali di tanti operai con la banda che suonava per l’ultima volta l’inno dei lavoratori di fronte alla fabbrica nella quale avevano lavorato tutta la vita e che oggi, in memoria di quella storia si chiama “Piazzale del Lavoro”?

Una maccheronata che diventa emblema del vuoto culturale e dell’assenza di qualsiasi rispetto per la città, per la sua storia e per tutto quel patrimonio immateriale che ne costituisce il tessuto connettivo. Uno strappo ancora più evidente, se accostato ai grandi ingranaggi di un’altra storica fabbrica forlivese, la Bartoletti, collocati in una rotonda a poca distanza con l’intento significativo di tramandare una pagina di storia.

Tutto questo di fronte all’abbandono in uno stato disastroso di Palazzo del Merenda, storica sede degli Istituti culturali, e della Biblioteca Comunale Saffi e di fronte alla rinuncia di riallestire il Museo archeologico, inaccessibile ormai da venticinque anni.

Le grandi mostre sono senza dubbio una realtà molto importante, ma non possono entrare in contrasto con la valorizzazione delle raccolte civiche, come emerge dal progetto recentemente presentato per la realizzazione del quarto stralcio dei Musei San Domenico, in cui si prevede di destinare tutto il primo piano attorno al chiostro principale, ovvero gli spazi più nobili, alle esposizioni temporanee e di disallestire ampie parti della Pinacoteca Civica.


Fotografia di Italia Nostra – Sezione di Forlì.