Osservazioni e proposte sull’emergenza sanitaria e sulla ripresa

Pubblichiamo il documento approvato all’unanimità dal Consiglio Superiore dei Beni Culturali e del Paesaggio sui problemi dell’emergenza da pandemia e della ripresa degli istituti e dei luoghi di cultura.

Il Consiglio Superiore dei beni culturali e paesaggistici, sulla base della discussione avutasi nella seduta del 27 aprile 2020, rassegna al Ministro le seguenti osservazioni e proposte riguardo agli interventi che ritiene necessari nell’emergenza sanitaria e per la ripresa.

Innanzitutto, il Consiglio esprime apprezzamento e gratitudine al Ministro, ai suoi uffici, ai direttori e a tutto il personale del Ministero e degli Istituti culturali per l’impegno profuso nella fase emergenziale al fine di far proseguire le attività culturali, nel rispetto delle limitazioni imposte dalle norme. Tutti hanno collaborato a che la cultura non si fermasse.

Sono emerse, tuttavia, problematiche e difficoltà assai serie nell’attuale fase; e appare problematica e difficile la ripresa. Occorrono, dunque, indicazioni precise sul come procedere nel breve periodo, così come appare anche opportuno porsi interrogativi e formulare proposte sulle prospettive di medio-lungo periodo. Il Consiglio intende, a tal fine, esprimere il proprio avviso.

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1. Le urgenze
1.1.  Il personale

Il primo problema, comune a tutte le strutture centrali e periferiche dell’amministrazione dei beni culturali, riguarda il personale.

Il lavoro non si è mai interrotto nella fase della pandemia ed ora prosegue ampiamente con lo “smart working”. Tale modalità non può di certo sostituire integralmente il lavoro in presenza: ad esempio, è difficilmente conciliabile con molte delle attività di tutela svolte sul territorio dalle Soprintendenze e con alcune attività amministrative e tecnico-informatiche; ed è impraticabile per le mansioni del personale che svolge i propri compiti a diretto contatto con l’utenza o con il patrimonio culturale. Con questi inevitabili limiti, lo “smart working” è indispensabile. Occorrerà riflettere sul fatto che tale modalità lavorativa è destinata a proseguire e anche dopo la fine dell’emergenza potrà rappresentare un’utile pratica (in generale e specialmente per alcuni dipendenti, come i pendolari interregionali). A tal fine, si renderà necessaria una ridiscussione della problematica che metta in luce – tra l’altro – le esigenze di implementazione dei sistemi informatici e di potenziamento delle strumentazioni, nonché di una adeguata formazione del personale a supporto di una rinnovata organizzazione del lavoro e di prestazioni professionali di alta qualità.

L’attuale emergenza ha però messo in luce, in modo ancor più serio di sempre, diverse e più ampie criticità che si riflettono immediatamente sulla situazione del personale. Innanzitutto, quelle derivanti dalle esternalizzazioni di funzioni, che talora hanno riguardato non soltanto compiti accessori o strumentali, ma anche attribuzioni e competenze essenziali dell’amministrazione. Ad esempio, negli archivi, nelle biblioteche e nelle Soprintendenze l’improvvisa interruzione di ogni attività in presenza ha portato alla ribalta, in modo talvolta drammatico, il problema dei moltissimi lavoratori esterni ormai da anni abitualmente impiegati sia nei servizi al pubblico ma anche, e sempre più spesso, nelle attività più propriamente tecnico-scientifiche. Questi lavoratori sono costretti, nella migliore delle ipotesi, al ricorso alla cassa integrazione e, nella peggiore (come è per gli archivisti e i bibliotecari liberi professionisti titolari di incarichi professionali e di collaborazioni), sono privati di ogni forma di retribuzione ormai da oltre un mese. Il meccanismo delle esternalizzazioni va ridiscusso; e va contrastato il ricorso al lavoro precario, temporaneo, occasionale, basato su meccanismi di mercato che non sempre tutelano a sufficienza i lavoratori. Da un’apposita rilevazione statistica effettuata nel corso dell’emergenza COVID-19 dall’Associazione Nazionale Archivistica Italiana emerge un quadro a dir poco sconfortante, che colpisce in modo pesantissimo soprattutto la generazione oltre i 35/40 anni e in particolare le donne (i dati della rilevazione sono disponibili presso ANAI).

I rappresentanti del personale nel Consiglio Superiore hanno sottolineato che i lavoratori esterni con contratti non stabili sono massimamente a rischio e che le risorse umane interne all’amministrazione sono assolutamente insufficienti e meriterebbero il riconoscimento di uno specifico sostegno. Quanto all’organico del personale, si stima che vi sia una carenza attorno alle cinquemilatrecento unità, cui si aggiungeranno altre tremila/tremilacinquecento unità in uscita entro la fine del prossimo anno: pertanto, il “piano assunzionale” previsto attualmente dovrà prevedere un aumento di circa tremila unità per garantire almeno l’organico teorico. È da sbloccare, inoltre, il concorso per dirigenti. Andrebbe anche avviata una riflessione con i rappresentanti del personale, in sinergia con il Ministro per la Pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze, finalizzata a individuare sistemi di inserimento, almeno di quota parte del personale “esterno” nei ruoli del Ministero, nel rispetto delle modalità e delle procedure previste dal quadro normativo vigente.

Vanno fatte assunzioni a tempo indeterminato, iniziando dal personale tecnico: storici dell’arte, archeologi, architetti, bibliotecari, archivisti e tante altre figure. È tempo di un New Deal che salvi il patrimonio culturale salvando anche le ultime generazioni di laureati e dottori di ricerca.

1.2.  La sicurezza

La sicurezza in questa fase di emergenza è, ovviamente, problema comune ai lavoratori, ai fruitori del patrimonio culturale e a tutti i cittadini. Sono indispensabili misure urgenti per garantire i presidi di cautela e di protezione nell’annunciata fase di ripresa del Paese. Ad esempio, si prevede la riapertura dei musei, delle biblioteche e degli archivi per il 18 maggio, ma questa potrà effettivamente avvenire soltanto se siano ultimate tutte le procedure preliminari per l’acquisizione e la messa in opera degli indispensabili presidi sanitari e per la generale sanificazione dei luoghi, oltre alla necessaria formazione del personale relativa alla normativa sulla sicurezza e sull’utilizzo dei dispositivi.

Il Consiglio Superiore ritiene importante che vengano meglio precisate e integrate da parte del MiBACT le linee guida su cadenze e modi per predisporre adeguati presidi di sicurezza prima della riapertura dei musei, dei grandi eventi espositivi (come la Biennale Architettura a Venezia il prossimo 28 agosto) e degli altri istituti, concernenti quanto meno: la dotazione di mascherine, guanti, disinfettanti, misuratori di temperatura, test per il personale; la valutazione del numero massimo di presenze in contemporanea compatibile con le misure di distanziamento; la messa in opera di percorsi adeguatamente segnalati all’interno di ogni istituto che permettano un’unica direzione dei flussi, mantenendo separati entrata ed uscita; le prescrizioni per i comportamenti dei visitatori in attesa fuori dall’ingresso e all’interno delle varie strutture; l’adozione di sistemi di prenotazione e di gestione delle code e delle attese che tengano conto delle condizioni suesposte; i tempi, i modi e la frequenza delle sanificazioni degli ambienti, tenendo conto anche della specificità dei materiali e delle opere d’arte conservati nei musei, secondo protocolli prestabiliti.

La realizzazione di tutto ciò sarà da modulare a seconda della diversa dimensione, natura e numero dei siti museali, dei teatri (si pensi alla drammatica situazione delle Fondazioni lirico sinfoniche e dei teatri di tradizione) e degli altri luoghi di cultura, prevedendo un supporto economico centrale a sostegno di quelli che non dispongono di dotazioni proprie o sufficienti. Si pone – tra gli altri – il problema degli oltre quattromila musei civici, diocesani o privati, nei confronti dei quali il MiBACT, nell’ambito del Sistema Museale Nazionale, può svolgere una funzione di sostegno e di coordinamento.

La riapertura delle istituzioni e luoghi culturali dovrà necessariamente procedere per gradi, iniziando da quei luoghi quali i parchi archeologici, i giardini e le ville storiche che, essendo all’aperto, comportano minori problemi di distanziamento dei visitatori e di sanificazione degli ambienti, per poi procedere con i musei dotati di grandi spazi e in seguito con quelli “minori” e/o di interesse locale, che hanno spesso un’utenza di prossimità e costituiscono veri e propri presidi culturali del territorio. Grande attenzione va riservata a quei musei che si trovano nei centri urbani e quindi possono essere raggiunti da lavoratori e visitatori prevalentemente con i mezzi pubblici.

Problemi particolari di sicurezza si pongono per i lavoratori professionali impegnati nei cantieri archeologici (in particolare gli archeologi e anche gli architetti, gli storici dell’arte, i restauratori). Le diverse associazioni professionali hanno sollecitato il Ministero ad assumere una posizione in termini di garanzia di sicurezza sui luoghi di lavoro, eventualmente sospendendo le attività. L’intervento del Ministero ha permesso – nei cantieri di diretta competenza del Ministero stesso – la sospensione delle attività; nulla pare si sia potuto definire, per ora, nei casi di cantieri per opere pubbliche o di committenza privata.

In considerazione di ciò, si auspica che nella delicata fase di ripresa possano predisporsi (o, se già fatto, integrarsi) da parte delle competenti Direzioni Generali (in aggiunta ai Protocolli di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Virus–Covid 19 negli ambienti di lavoro) linee guida che diano precise indicazioni di metodo e operative da applicare ai cantieri di competenza del Ministero e a quelli di opere pubbliche e private in cui si esplicano attività archeologiche, a protezione della salute di tutti gli operatori; nonché disposizioni in merito all’esercizio delle funzioni istituzionali di tutela da parte del personale MiBACT nei medesimi cantieri, nel permanente stato di emergenza nazionale. Ciò anche con l’obiettivo di non protrarre ulteriormente il blocco delle attività e della ricerca archeologica connessa ai cantieri di scavo.

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2.  Le prospettive per la ripresa

Ferme restando le esigenze urgenti relative al personale e alla sicurezza, il Consiglio Superiore intende formulare proposte al Ministro su profili di prospettiva legati alla difficile fase di ripresa.

2.1.   Musei, ricerca e scuola

La ripresa dei musei sarà molto graduale: occorrerà tempo perché si abbia di nuovo un accesso consistente di visitatori. Tutti gli istituti sono colpiti duramente dalla crisi. I consiglieri hanno rappresentato le difficoltà manifestate da numerosi direttori di musei. In Consiglio è stato sottolineato, a titolo di esempio particolarmente significativo, il concreto pericolo di blocco delle attività del Museo Egizio di Torino, il più importante museo al mondo per la collezione di reperti egizi dopo quello del Cairo. Il direttore del museo, che continua – come tutti i suoi colleghi in Italia – a organizzare visite virtuali al museo, ha più volte messo in evidenza la gravissima situazione del personale, mentre i soci della fondazione che gestisce la struttura non riescono a dare adeguato sostegno finanziario. È una questione che – insieme alle tante altre – non si può assolutamente trascurare.

In questa fase, andrebbero potenziate e supportate le attività di ricerca all’interno delle strutture. È apparso evidente – soprattutto in questa fase critica – che, nonostante vi siano meritorie esperienze di intensificazione della ricerca, non tutti i nostri musei e istituti, a differenza dei grandi musei del mondo, riescono a produrre contenuti culturali di livello elevato. Le visite e i video on line sulle loro collezioni, che si sono moltiplicati in questo periodo grazie all’encomiabile impegno del personale, pur con mezzi, competenze, linguaggi e tecnologie non sempre adeguati, sono tanto importanti quanto insufficienti. È auspicabile che siano potenziati i programmi di ricerca affinché i musei (e in genere gli istituti culturali), oltre ad essere depositi di oggetti preziosi, possano svolgere un efficace ruolo culturale nel Paese, operando come comunità vive della conoscenza, popolate da ricercatori attivi.

A tal fine, oltre alle indispensabili assunzioni di cui si è detto, è opportuno rafforzare le sinergie con le Università, anche indipendentemente dalla conclusione di convenzioni e non solo in attuazione degli artt. 118 e 119 del codice dei beni culturali. L’accordo quadro fra MiBACT e MIUR del 1998 pone le condizioni di partenza per una sempre più attiva collaborazione. A Roma, ad esempio, la “Sapienza”, e più in generale i Dipartimenti di Beni Culturali delle maggiori Università, con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, i Musei e Gallerie Nazionali di Palazzo Barberini e Palazzo Corsini, la Galleria Spada e la Galleria Borghese potrebbero, nella fase di ripresa, ampliare le abituali visite mirate riservate a professori, ricercatori, neolaureati, laureandi in storia dell’arte, architettura e design, idonee a potenziare gli studi e le ricerche all’interno e all’esterno dei musei. La collaborazione con i docenti universitari potrebbe essere anche finalizzata a utilizzare le risorse di corsi e seminari per studiare il patrimonio dei musei ed eventualmente produrre contenuti che vadano a implementare le conoscenze sulle collezioni da tradurre in termini digitali o di pubblicazioni cartacee (come i cataloghi dei musei). Le sinergie con gli Atenei dovrebbero riguardare anche il rafforzamento della collaborazione con Facoltà e Dipartimenti di altre discipline (per esempio: di psicologia, per l’analisi dei comportamenti dei visitatori e dei lavoratori; o di economia e diritto, per la valutazione di nuovi criteri e regole per incentivare visite in presenza o virtuali, ovvero per il migliore funzionamento del bookshop e degli altri servizi al pubblico, e anche per gli aspetti gestionali, organizzativi e finanziari). Analoghe iniziative potrebbero sperimentarsi o potenziarsi in altre città.

È essenziale, inoltre, il rapporto tra musei e scuole di ogni ordine e grado. La scuola deve essere la prima destinataria e interlocutrice di ogni politica del patrimonio, che è la grande palestra della formazione civica degli italiani. In questa fase sarebbe necessario organizzare frequenti visite programmate ai musei di studenti di tutte le scuole. Nell’attesa della riapertura degli istituti scolastici in situazioni di sicurezza, le grandi sale dei musei possono costituire per gli studenti luoghi più protetti delle aule scolastiche. I musei potrebbero dedicare uno o due giorni alla settimana alle scuole della loro città. L’iniziativa “Scuola al Museo” potrebbe non solo regalare all’istituzione scolastica spazi aggiuntivi, non solo far vivere i musei, ma far sentire a questa generazione di futuri cittadini l’importanza del museo come istituzione civile, come luogo di formazione collettiva, come straordinario spazio pubblico. Tale iniziativa, inoltre, potrebbe porre in campo strategie integrate in attuazione della Convenzione di Faro, creando i presupposti per l’esercizio del diritto all’eredità culturale, per la promozione della protezione di questa eredità e per sostenere l’inserimento di tali profili in tutti i livelli di formazione.

La collaborazione tra musei, Università e scuole potrebbe trovare grande beneficio dall’impiego congiunto degli strumenti digitali realizzati dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, ente di indiscusso prestigio culturale nazionale e internazionale. In particolare, il “Portale del Sapere” e la “Piattaforma Treccani Scuola”, già ampiamente utilizzati da scuole e Atenei, mettono gratuitamente a disposizione degli utenti non solo lezioni registrate da professori, ma anche un’autentica miniera culturale, dal Dizionario, alle voci di Enciclopedia, a video e documentari sull’arte e sulla scienza. Sono strumenti che garantiscono una vera e propria formazione culturale e non soltanto le informazioni, pur utili, fornite dalle piattaforme dei tech-giants, oggi sempre più dominanti. Potrebbero giovarsene enormemente anche i musei e gli altri istituti e luoghi di cultura, attivando, se necessario, nuovi programmi. Altro strumento di grande utilità per il potenziamento della ricerca tra musei, Università e scuole è senz’altro il “Dizionario biografico degli italiani”, opera essenziale per la conoscenza della nostra storia e in via di completamento.

Quanto alle attività espositive dei musei, si ritiene opportuna una moratoria delle mostre, che nell’età della pandemia sono comunque tra le manifestazioni più a rischio: si concentrino le risorse economiche e intellettuali sul patrimonio permanente. Si potrebbero organizzare solo poche esposizioni capaci di produrre conoscenza scientifica e di parlare a tutti. Andrebbe anche valutata la possibilità di garantire l’accesso gratuito (o ridotto) ai musei non solo agli studenti delle scuole, ma a tutti i visitatori fino alla fine dello stato di emergenza.

Accanto ai grandi musei, è necessario prestare la dovuta attenzione al patrimonio diffuso, alle aree interne, alle piccole realtà: come le chiese chiuse di queste settimane che conosceranno una riapertura graduale e non facile, i palazzi, i castelli, i giardini e le ville storiche, le cascine, le cantine, i cortili. Il patrimonio deve essere – tanto più ora – luogo di quella identità inclusiva e aperta che è fondata sulla varietà e la diversità delle culture del Paese.

2.2.   Biblioteche e archivi

Va prima di tutto sottolineato che la chiusura di biblioteche e archivi, obbligatoria per legge, ha determinato la totale interruzione di ogni attività di ricerca che necessiti dell’accesso a libri e a documenti, con la conseguente impossibilità per molti di concludere, nei tempi previsti, lavori in corso, dissertazioni di dottorato, tesi di laurea. Il tutto reso ancor più grave dalla contemporanea chiusura (caso unico nella storia) di tutti gli istituti, di qualunque tipologia, dimensione, appartenenza amministrativa, italiani e stranieri.

Sul fronte dei servizi al pubblico, è accaduto che in una prima fase, in cui il personale era presente negli Istituti, sia le biblioteche che gli archivi hanno tentato di ovviare alla chiusura al pubblico potenziando alcuni servizi (come quelli di informazione e di riproduzione); nella fase successiva, in cui neppure il personale ha potuto accedere all’Istituto e al patrimonio e ha lavorato in modalità agile, queste attività sono andate a decrescere e si sono sviluppate forme diverse di intermediazione: come collegamenti telematici con i bibliotecari e gli archivisti, accesso mediato alle banche dati, fornitura di immagini già presenti nelle “teche” digitali, produzione e pubblicazione di nuovi contenuti sui social.

Ma occorre riprendere tutte le attività al più presto. Negli archivi, le misure di distanziamento del pubblico sono relativamente facili da attuare, in ragione dell’accesso limitato di utenti, ma risulta estremamente preoccupante il problema della sicurezza complessiva e della gestione delle sedi, il cui numero (cento) e la cui disseminazione sul territorio richiedono uno specifico investimento. Nelle biblioteche l’accesso è più consistente. Queste strutture presentano diversità sensibili le une dalle altre: occorre un’apertura differenziata.

Nel medio-lungo termine, si rendono necessari interventi assai rilevanti. Si vuole sottolineare, in particolar modo, l’importanza di realizzare un puntuale e organico intervento di descrizione informatizzata e digitalizzazione del patrimonio conservato e di quello tutelato: ciò significa intervenire, con specifici adeguati finanziamenti, articolati anche secondo un piano di attività pluriennale, per promuovere un’estesa campagna di censimento e digitalizzazione dei beni archivistici e librari presenti sia  negli Istituti che sul territorio, così da alimentare un deposito di conoscenze e di informazioni da mettere a disposizione della ricerca. In una parola, si tratta di produrre conoscenza solida, seria, affidabile: un’operazione governata dal Ministero che ricadrà positivamente anche sulle attività dei musei e degli altri luoghi della cultura, anch’esse da ridisegnare – come si è sopra indicato – nel senso del potenziamento della ricerca e dell’approfondimento di temi rilevanti per la comunità nazionale e per le collettività locali.

Ferma restando la già evidenziata necessità di assumere archivisti e bibliotecari, che ricostituiscano quel “capitale sociale” di competenze e professionalità che ormai si stanno completamente perdendo (se i dati sul 2020 erano già allarmanti, quelli sul 2021 disegnano un punto di definitivo non ritorno), si potranno sviluppare nuovi contenuti e nuove esperienze sia nel campo della comunicazione digitale (che genera creatività se affianca e non sostituisce la socialità) sia in quello costituito dalle relazioni interpersonali, un capitale umano che negli Istituti continuerà a trovare luoghi accoglienti di ricerca e di elaborazione di idee.

2.3.   Paesaggio, territorio e turismo

In questa fase e nella graduale ripresa va privilegiata e sostenuta la fruizione collettiva di luoghi all’aperto e di bellezze paesaggistiche, con il controllo scientifico e culturale dei poli museali e con la collaborazione degli enti locali preposti alla gestione dei singoli contesti territoriali. In proposito, si prende atto del progetto che il Dipartimento Turismo sta portando avanti, con la collaborazione dell’Associazione Parchi e Giardini d’Italia, che propone itinerari verdi alla scoperta di giardini più o meno conosciuti del Paese. Il progetto intende, infatti, valorizzare il territorio e incentivare un turismo sostenibile.

Occorre ampliare questa azione. Gli italiani potranno scoprire o riscoprire gli spazi, i beni, le aree naturalistiche, storiche e archeologiche del loro territorio. Il che potrebbe favorire e sostenere un turismo locale (o “di prossimità”), spesso negletto in quanto sostituito da viaggi ed esperienze all’estero. A tal fine, si ritiene importante non sottovalutare l’apporto conoscitivo e propulsivo che le Soprintendenze, diffuse capillarmente su tutto il territorio nazionale, potrebbero mettere in campo. Da sempre esse sono le realtà più presenti e connesse con i piccoli borghi, i piccoli siti, tutto ciò che abitualmente non assurge all’onor delle cronache, ma di cui le Soprintendenze si prendono quotidianamente cura. Oltre a essere responsabili delle aree archeologiche minori e conoscere pertanto tutta la loro ricchezza, delicatezza e potenzialità, nello svolgimento della loro funzione di tutela paesaggistica le Soprintendenze hanno con il territorio un rapporto di quotidianità con gli amministratori, così come con gli abitanti, che può divenire una risorsa inestimabile per il MiBACT nella costruzione di una strategia di riappropriazione consapevole del patrimonio territoriale e paesaggistico italiano e dei suoi più profondi valori identitari. Una riappropriazione che sarebbe idonea a combinare armoniosamente la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici con la promozione di nuove forme di turismo.

2.4.   Estensione dell’Art Bonus

Le acute difficoltà derivanti dall’attuale emergenza sanitaria ed economica hanno messo più fortemente in luce la necessità di ampliare l’ambito di applicazione delle agevolazioni fiscali previste dal “decreto Art Bonus” (decreto-legge n. 83/2014). Le norme attuali, infatti, prevedono un credito d’imposta per erogazioni liberali effettuate principalmente per interventi su beni culturali pubblici e per il sostegno di istituti e luoghi di cultura di appartenenza pubblica. Andrebbe valutata l’inclusione tra le elargizioni agevolate fiscalmente anche di quelle finalizzate a sostenere interventi su beni culturali di appartenenza privata, a condizione che ne sia garantita la fruizione collettiva, nonché di quelle effettuate per sostenere istituti di cultura privati senza scopo di lucro. In ogni caso, andrebbe riveduta l’entità delle agevolazioni fiscali, introducendo inoltre la detraibilità delle spese per la cultura (ad esempio, per libri, musei, concerti, teatro) in analogia con quanto avviene per le spese mediche. L’estensione dell’Art Bonus gioverebbe a tante istituzioni e attività culturali.

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Il Consiglio Superiore continuerà a seguire e ad analizzare la situazione del patrimonio e delle attività culturali in questa fase di emergenza e nella ripresa, riservandosi di formulare ulteriori osservazioni e proposte da trasmettere al Ministro.

Roma, 7 maggio 2020


Documento scaribile in formato .pdf dal sito del Mibact

Immagine in evidenza da Wikimedia Commons: Giuseppe Vasi, Prospetto principale del Collegio Romano, 1759