Compie oggi cento anni una delle donne italiane che più hanno contribuito, a fatti e non a parole, alla Bellezza dell’Italia: Desideria Pasolini dall’Onda, intrepida discendente di una delle
più antiche e colte famiglie ravennati, di origine sassone, ha infatti dedicato la vita oltre che alla letteratura, alle aziende di famiglia, per decenni, a Italia Nostra della quale è il solo fondatore superstite. In quel lontano 1955 furono infatti due donne, due amiche, lei ed Elena Croce, figlia del grande filosofo, a dar vita con Giorgio Bassani, Pietro Paolo Trompeo, Luigi Magnani, Filippo Caracciolo, Hubert Howard, a quella libera associazione chiamando alla presidenza un grande intellettuale antifascista e meridionalista, Umberto Zanotti Bianco, all’epoca impegnato in suoi scavi a Paestum.
Desideria ricorda che fu proprio lei a telefonargli e lui accorse a Roma subito in treno, e così cominciò quella grande avventura culturale che ha preservato dalla distruzione o dalla manomissione tanta parte d’Italia. C’era stato, appena prima,un tentativo di riprendere gli sventramenti fascisti in pieno centro storico: questo, colossale, avrebbe in pratica distrutto Roma antica dal Babuino fino a piazza di Spagna. Un massacro. Insorsero centinaia di intellettuali dalla A di Corrado Alvaro e il ministro dei Lavori Pubblici fermò per sempre la cosa. Ma si sentiva il bisogno di una associazione che in tutta Italia e non soltanto a Roma vigilasse sul Bel Paese e sulle continue minacce a aggressioni che esso stava subendo. “Con Zanotti Bianco e con Bassani furono anni entusiasmanti”.
Desideria Pasolini aveva avuto in famiglia un nonno Pasolini ispettore onorario delle Belle Arti e soprattutto una nonna, una Borghese, che negli anni ’30 aveva pubblicato ben due volumi di fotografie su Roma in via di sparizione. “Io ho studiato storia dell’arte con Pietro Toesca”, mi ha raccontato, “ma mi ha folgorato Cesare Brandi coi suoi corsi sulla storia del restauro”. Prima della laurea però si cimenta con la letteratura inglese e con la traduzione. “Fu Eugenio Montale a chiedermi di tradurgli i racconti di Stevenson. Poi, ben più ardua, la Casa degli spiriti di Virginia Woolf…” “C’entra qualche antenato anglosassone nei tuoi capelli biondo rosa e e nei tuoi occhi verdi?” Sorrise allegramente: “Io mi sento romagnola al cento per cento, ma ho mantenuto rapporti intensi col mondo inglese. Però il mio motto rimane <<Se c’è da combattere, io combatto>>”.
Sceglie la sua tesi sulla letteratura estetizzante inglese di fine ‘800 e, siccome è spesso a Casa Croce, l’amica Elena pensa di farla vedere al padre. Che, burbero, la liquida: “Se vuole pubblicarla, le deve dare una struttura storica”. E lei si rimette al lavoro. Don Benedetto prende in giro le due ragazze simpatizzanti per il Partito d’Azione, “quel partitino…” Ma loro tenaci insistono e scoprono una vocazione alla critica. La più intensa, ma pure la più costruttiva, la più propositiva, con documenti generali tuttora validi quali la Carta del Restauro dei centri storici di Gubbio del 1960 (Cederna, Samonà, Manieri Elia, Bottoni e altri).
I Pasolini dall’Onda hanno da secoli alcune grandi proprietà agricole fra Romagna e Toscana. A Coccolia, fra Forlì e Ravenna, un giorno le chiesi: “Ma da quanti anni avete queste terre?”, Desideria si schermì arrossendo: “Mi vergogno a dirlo…Dal 1247”. E proprio al paesaggio agrario durante la sua presidenza ha voluto dedicare ben tre convegni di studio e di proposta per cercare di tutelare il paesaggio italiano più minacciato dal cemento di sempre nuove speculazioni “Mentre l’agricoltura “pulita” dovrebbe essere un pilastro della nostra economia, soprattutto per i giovani”. E da presidente già lottava contro Berlusconi, Tremonti, Sgarbi, contro la Patrimonio SpA, la privatizzazione dei musei e dell’arte e il primo Codice Urbani. Con quel suo motto guerriero “Se c’è da combattere, io combatto”.
FQ, 26 Aprile 2020
foto https://www.italianostra.org/a-desideria-pasolini-dallonda-il-premio-ranuccio-bianchi-bandinelli/