Lettera al sindaco Nardella sulla città di domani: servono anche gli urbanisti

di Roberto Budini Gattai

Egregio Sindaco,
su La Repubblica di qualche giorno fa abbiamo letto che lei sta pensando a un piano per ripopolare il centro di Firenze e che «Non possiamo scommettere più sul solo turismo. Voglio un pool di esperti anche internazionali che ci aiuti a ripensare un nuovo Rinascimento della città su altre basi» e ancora: il gruppo di esperti dovrà essere composto di scienziati sociali, sociologi, psicologi, di alte professionalità con cui confrontare l’operato del Comune e valutare la ripartenza, perché «Occorre una nuova stagione politica». E poiché lei dichiara anche di voler coinvolgere l’«opposizione», ecco un’opposizione di cittadinanza.La prima obiezione: lei non cita la necessità di una competenza urbanistica tra i suoi futuri esperti. Se non è una dimenticanza, deduciamo che secondo lei questo settore amministrativo è culturalmente ben attrezzato. Forse non sa che l’Assessore all’Urbanistica trovando il bilancio della turistificazione del C.S. estremamente positivo e meritevole, continuerà a scommettere sul turismo. Le sarà sfuggito anche che l’Ufficio urbanistica ha rilasciato nel Centro un numero record di permessi di frazionamento di appartamenti funzionali non a viverci, ma agli affitti brevi,  alla rendita turistica sempre più “finanziaria.”

A fronte di una forte tendenza speculativa, anzichè governarla, si è preferito assecondarla con l’abolizione della categoria del restauro, mentre la città scivola in un  grottesco simulacro di se stessa. Negli anni del suo mandato, l’opposizione di cittadinanza ha svolto  una critica ampia e propositiva alle previsioni urbanistiche che hanno sottratto e continueranno a sottrarre aree ed edifici strategici, risorse primarie per la riconfigurazione virtuosa (senza impegno di nuovo suolo) dello spazio metropolitano: una per tutte, forse la più grave, gli 8 ettari delle ex OGR di Porta al Prato e l’annessa, rovinosa strada (12ha) lungo il Macinante; ancora cemento. Si è denunciata l’inutile, pesantissima occupazione di territorio sia a ovest (aeroporto, Castello) sia a est dove avete esportato il consumo di suolo fin nell’ultimo lembo del mitico Pian di Ripoli,  che lei e i suoi tecnici  sostenete malgrado la rovina del paesaggio e l’evidenza della grave crisi climatica-ambientale, come se cause ed effetti non riguardassero voi e l’Area Metropolitana che lei presiede.

Obbligatorio il suo sostegno alle Grandi Opere che poco hanno a che fare con l’interesse pubblico, ma che sono la soluzione peggiore e più onerosa a problemi spesso malposti. L’opposto di un’auspicabile qualificazione della spesa pubblica. Non pretendiamo, caro Sindaco che lei sappia quanto la buona “impronta” urbanistica sia stata e sia ancora alla base del successo delle città. Abbiamo visioni diverse, spesso opposte, per esempio noi pensiamo che ai possessori di capitali o di grandi immobili non spetti decidere come piegare la città alla “valorizzazione” del loro patrimonio. Pensiamo piuttosto a una strategia per trasformare la periferia in città e che occorra più immaginazione nel creare istituzioni dove far confluire forze economiche che non siano quelle predatorie della rendita; che ricerca e cultura del progetto servano a convertire spazi atopici in spazi di relazione, altrimenti il suo «nuovo Rinascimento» è solo ornamento retorico. Non siamo d’accordo che il potere di governo della città sia devoluto agli attori del mercato cui si offre il consumo della bellezza antica, della natura, per un profitto che genera disuguaglianza e cinicamente distrugge potenziali risorse sottratte col favore del Piano alla città pubblica.

In questo periodo di quarantena idee e immagini che gli individui hanno di se stessi si stanno trasformando, perciò provo a crederle. Se davvero Lei vuole uscire dal gruppo di coloro che hanno abdicato al compito di amministrare con sapienza e rigore la cosa pubblica; se lei vuole davvero agire in modo nuovo, apra la città a un confronto, pubblico, ordinato, deliberativo. Che altro significa altrimenti il suo  «occorre una nuova stagione politica» senza un forte recupero di capacità e di intelligenza  democratica.


Articolo pubblicato in “la Repubblica”, 14 aprile 2020

Fotografia di Makalu da Pixabay

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