Sanità, Formigoni e i ladri di galline

di Vittorio Emiliani

L’imperturbabile assessore lombardo alla Sanità, Giulio Gallera, assicura la sera che tutto va bene. Contemporaneamente muoiono medici e infermieri, anziani e meno anziani, e il presidente Attilio Fontana chiede aiuto gridando di “essere stato lasciato solo”. L’impoverimento e il concomitante ipersfruttamento privatistico di patrimoni tipicamente collettivi come quello delle reti sanitarie nasce in Lombardia dal potere esercitato per più legislature dal prima dc e poi berlusconiano Roberto Formigoni detto “il Celeste ”, acriticamente ammirato e portato ad esempio anche fuori dal bel ciel di Lombardia.

Ricordate nel film di Nanni Moretti la nave della Lega che discende un Po ormai maestoso verso la foce? Un’idea di forza e di potenza impressionante. Dietro la quale, per fortuna, c’era ben poco se qualche ora più tardi bastò una signora veneziana a sbertucciare l’Umberto sventolando il tricolore da una finestra sulle Rive e lui non trovò di meglio che dirle di cacciarlo nel cesso.

Dietro quel Bossi c’era in Lombardia, non più come dc ma come berlusconiano, el Virginùn, il vero potente di Comunione e Liberazione, il Roberto Formigoni, il Celeste, sempre casto e però come pochi vocato a feste, crociere, lussi, ad apericene con improbabili giacche rosa o arancio, e agli affari sostanziosi. Celeste, un soprannome datogli da amici brianzoli, intanto azzurro come i Berluscones e poi un po’ orientaleggiante no? Lui è stato il vero “inventore” della privatizzazione della sanità pubblica lombarda già ottima in realtà prima delle Regioni. “Che differenza c’è”, chiede ancora Matteo Salvini protervo dal video, “se i meridionali vengono a curarsi in Lombardia e vanno chi negli ospedali e chi nelle cliniche private?” Non conosce, o finge di non conoscere, la differenza fra politica sociale e mercato? Fra gratuità e profitto?

“Il sistema sanitario lombardo è al collasso. Ci hanno lasciati soli”, continua a ripetere pateticamente il presidente (lasciamo perdere i “governatori”) della Lombardia, Attilio Fontana, varesotto. L’ospedale civile della sua città – sul quale feci una inchiesta prima della regionalizzazione – era uno splendido ospedale. Come quello della vicina Lecco. Nulla avevano da invidiare per la parte generale ai Policlinici Universitari. Sanità al collasso per tante ragioni. Ma anche perché ha dato troppo spazio ai privati ovunque c’era del “burro” da portare a casa. Formigoni è stato già condannato per corruzione (dalla Cassazione) a 5 anni e 10 mesi, ma è stato domiciliato in convento dove possa pregare ed espiare. Anche se gli pende sul capo un altro processo: ha davvero dirottato 200 milioni a strutture private? Un ladro di galline sarebbe in galera. Viva l’Italia garantista.

Le case per anziani convenzionate con la Regione ieri erano pascoli grassi. Oggi – non isolate per tempo come fortini – forniscono bollettini funebri agghiaccianti e ai loro operatori mancano persino le mascherine. Alla faccia dell’efficienza della sanità lombarda e di tante altre efficienze così ostentatamente vantate. Non volevano forse un altro bel po’ di autonomia per distinguersi meglio nel “buongoverno”?

C’è da rabbrividire.

Articolo pubblicato in “Il Fatto Quotidiano”, 4 aprile 2020

Immagine in evidenza da Wikimedia

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