È il gran bazar virtuale dei bonus cultura. O meglio, lo era, dato che su Facebook è stato appena chiuso. Ma non ci vuol certo l’intuito di Sherlock Holmes per capire che un sistema così
organizzato ci metterà poco per rinascere da qualche altra parte. Soprattutto perché a muoverlo sono loro, i diciottenni – generazione smart, nativi digitali e tutto il resto – che da qualche anno godono dei 500 euro del bonus cultura, un omaggio inventato dal governo Renzi, replicato da Gentiloni e adesso confermato in manovra dai gialloverdi.
Di anno in anno i nuovi beneficiari si ritrovano nei gruppi su Facebook per capirci qualcosa in più, per aiutarsi con l’iscrizione al servizio digitale e per darsi qualche consiglio su come spendere il generoso bonus destinato a libri, film, musica e musei. Ma anche, se non soprattutto, per intavolare trattative degne di Wall Street. “Vendo buono”. “Compro bonus al 50 per cento”. “Vendo 300 euro di sconto”. E così mille altri messaggi. Tutti di ragazzi che hanno messo in piedi un commercio al di fuori del gruppo “ufficiale” del bonus 18 app, che da tempo ha deciso di bannare (ovvero bandire) i mercanti. Il cui nuovo tempio era diventata appunto una community parallela, in cui gli amministratori lasciavano libera – meglio: sollecitavano – l’etica protestante e lo spirito del capitalismo dei neo-maggiorenni. Che non si sono fatti certo pregare.
Funzionava (e funzionerà presto altrove) così: chi ha un bonus (intero o rimanente, 300, 200 o 100 euro) può scrivere un messaggio in bacheca, come se ne vedono tutti i giorni: “Vendo il mio bonus da 250 euro, pagamento Paypal/in contanti su Roma.” O su Milano, Bologna, dove capita. A quel punto gli interessati si fanno avanti, magari pubblicamente con un like o con un commento (per far intendere a tutti che il bonus è “prenotato”) e poi in privato, dove si definiscono i dettagli dell’affare. Stessa storia, non meno frequente, per chi mette annunci per acquistare: “Mi serve bonus da 300 euro”. Ed ecco che chi non ha denti per approfittare del proprio pane si fa avanti, offrendo le credenziali per accedere al bonus personale in cambio di soldi.
Fin qui, al di là del mezzo tecnologico, nulla di molto nuovo rispetto alle inchieste di un paio d’anni fa, che già avevano evidenziato una certa dinamicità di questi bonus, al centro di contrabbandi in mezz’Italia. Ora però c’è lo step successivo. In questi gruppi privati i giovani hanno potuto metter su un meccanismo talmente collaudato da stare in piedi su un sistema di recensioni, di feedback. Una specie di TripAdvisor del bonus dove, grazie alle referenze di venditori e acquirenti passati, i membri della comunità acquistano attendibilità e potranno più facilmente concludere affari in futuro.
È lo stesso principio di BlaBlaCar, AirBnb o qualsiasi altra app che si basi sulla fiducia interpersonale: quando si chiude una trattativa, si corre sul gruppo a “recensire” il contraente: “Appena conclusa vendita con Andrea. 400 euro di bonus pagati al 50 per cento in contanti”. Significa che i due ragazzi si sono visti e lo scrivente ha appena ricevuto 200 euro cash per trasferire i suoi 400 virtuali ad Andrea. Andrea ringrazia per la recensione e ricambia. Finisce lì, però poi quando qualcuno troverà mai un’offerta di uno dei due giovani sul gruppo potrà scrivere il loro nome nella barra di ricerca e compariranno tutte le recensioni a loro carico. E se qualcuno viene segnalato come negativo, gli amministratori verificano che cosa non è andato bene e prendono provvedimenti: “Segnalo Alberto come poco affidabile. Ho ceduto il mio bonus ma non ho ricevuto i soldi”. Risposta: “Avevamo già provveduto a eliminarlo dal gruppo, non so come abbia fatto a iscriversi di nuovo”. O ancora: “Mario (ma c’è anche il cognome, nda): Truffa! Ci andrò a far visita di persona, vediamo se gli passa la voglia di comprarsi il mangiare rubando agli altri”.
Già, perché non manca chi se ne approfitta. D’altra parte il giro economico attorno al bonus non è niente male. Botte di 2/300 euro, in una fase della vita in cui di soldi – in genere – se ne vedono pochi e si può approfittare del buono per far cassa, comprare per sé o sopperire ai dolorosi esborsi dei regali per i diciottesimi compleanni degli amici.
Come sempre, anche qui domanda e offerta si incrociano. Gli stessi dati forniti dal ministero della Cultura, riferiti ai primi due anni di erogazione del bonus, evidenziano come gran parte degli utenti non utilizzi – o non abbia neanche richiesto – il gentile omaggio. Nel 2017 le richieste sono state 351.522, pari al 61 per cento degli aventi diritto (circa 575mila). Numeri molto simili a quelli del 2018, che hanno portato il governo Conte a stanziare, per il 2019, 50 milioni di euro in meno per il bonus – da 290 a circa 240 – non perché siano stati ridotto l’importo per il singolo utente, ma perché è probabile che, ancora una volta, una grossa fetta dei ragazzi (la platea potenziale è di mezzo milione di persone) non lo richieda. Sempre che, a questo punto, anche i disinteressati non vogliano darsi da fare nel mercato online dei buoni.
FQ | 21 Gennaio 2019