Può un Museo chiudere per così tanto tempo da rischiare di perdersene il ricordo? Certo che può accadere. Basta andare a Torino e provare ad entrare al Museo regionale di Scienze
naturali. Circa 1000 mq di esposizione, con diverse collezioni dell’università di Torino e di importanti naturalisti e conservatori. Straordinarie testimonianze di storia naturale nel campo della zoologia, dell’entomologia, della botanica, della mineralogia e della paleontologia. Non solo. Anche una biblioteca, che conta circa 12000 volumi e numerose raccolte di riviste del settore e resoconti di viaggio. Una istituzione, dal 1978, quando la Regione ne decise la creazione con lo scopo di salvaguardare e valorizzare un patrimonio scientifico unico in Italia. Tentativo inutile. L’ingresso dell’edificio, progettato nel XVII secolo da Amedeo di Castellamonte, un tempo sede dell’Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e della Città di Torino, in via Giolitti, è sbarrato. Ma non per uno sciopero del personale, oppure per un black out improvviso dell’impianto elettrico e neppure per l’allestimento di una mostra. Il motivo è un altro. Gli “interventi di restauro”, come si legge sul portale del Museo. Se non fosse che la struttura è chiusa da agosto 2013 ci sarebbe da rallegrarsi di quei lavori. Già perché dall’esplosione di una bombola anti-incendio che aveva danneggiato parte della nuova sezione espositiva e costretto alla chiusura, sono trascorsi quasi cinque anni. Tanti, forse troppi.
Si sono accumulati molti ritardi. Dopo l’impasse burocratica che ha bloccato l’avvio del cantiere per mesi, nel 2015 sembrava che in 18 mesi il pubblico sarebbe tornato nei locali del palazzo barocco di Castellamonte. Invece niente da fare. Per questo sono state lanciate su change.org diverse petizioni, al presidente della Regione Piemonte, per chiederne la riapertura naturalmente, ma anche per mantenere pubblico il Museo. Già perché, la Giunta regionale ha manifestato la volontà di trasformare il Museo, finora gestito dalla Regione Piemonte, in una fondazione a diritto privato, abrogando la legge istitutiva del Museo. Circostanza questa che ha allarmato molti cittadini per i quali “Questa trasformazione sarebbe oltremodo dannosa, perché non fornisce alcuna indicazione sulle risorse economiche e umane che saranno messe a disposizione, dando ampio spazio di discrezionalità a una direzione che sarà selezionata a insindacabile giudizio della Giunta”.
Timori infondati secondo lastampa.it dal momento che “L’Università e la Regione hanno ribadito che loro resteranno gli unici proprietari”. In quanto ai dubbi sull’effettiva operatività del cantiere, dalla Regione fanno sapere che “I lavori si svolgono all’interno del museo e quindi non si notano. La parte degli uffici è quasi pronta mentre la prima tranche di museo verrà aperta al pubblico nella primavera del 2019 e il resto a fine anno”.
In effetti ad agosto 2017 la Regione Piemonte ha stanziato un milione e 993 mila euro per ripristinare l’accessibilità del Museo, individuando in Scr Piemonte l’unica stazione appaltante per svolgere tutte le fasi dei lavori, dalla progettazione al collaudo. Risorse necessarie per garantire l’agibilità e la prevenzione anti-incendio dei locali dell’Arca, il Museo Storico di Zoologia, la manica sud della crociera del pieno terreno e i locali dell’Esposizione permanente di paleontologia.
Ma intanto a settembre l’annuncio da parte dell’assessore a cultura, Francesca Leon. Il Museo di scienze naturali sarà gestito dalla costituenda Fondazione Torino Piemonte Musei, l’ente che nascerà dalla Fondazione Torino Musei. A gennaio 2018 la conferma dell’Assessorato Cultura e Turismo della Regione Piemonte, “in tale ente, a fianco dei tre musei della Città di Torino si aggiungerà, attraverso un percorso condiviso, il Museo Regionale di Scienze Naturali”. Et voilà! Alla faccia delle smentite!
Se anche dovesse riaprire nel 2019 il Museo rischierà di essere una sorta di corpo estraneo alla città. Un Museo che funziona assolvendo ai suoi compiti sociali è un luogo nel quale si va, del quale in ogni caso si conosce l’esistenza. Un luogo con il quale si ha una qualche familiarità. Uno spazio interdetto alle visite per oltre 6 anni, se anche lo è stato, non lo è più, di certo. Per questo non sarà facile. Anche per questo un Museo, come un’area archeologica e un qualsiasi altro luogo della cultura, non può rimanere chiuso per un periodo di tempo troppo lungo. Rischia di scomparire.