Manlio Lilli, Archeologia dimenticata

In Italia migliaia di aree archeologiche e monumenti sono in stato di abbandono, condannati all’anonimato

L’immenso patrimonio storico, artistico, archeologico e monumentale di cui dispone l’Italia è oggi sottoposto a un grave rischio di deterioramento e di perdita”. Nel Rapporto preliminare al programma economico nazionale 1971-75 del Ministero del Bilancio e della Programmazione economica, si lanciava l’allarme. Rimasto pressoché inascoltato; nonostante la creazione, nel 1974, di un dicastero specifico, il Ministero dei Beni culturali; e nonostante il succedersi di 25

ministri. Perché nel suo complesso il patrimonio italiano è ancora un mosaico di criticità, se è vero che non esistono solo i siti e i monumenti campioni d’incasso come il Colosseo-Foro romano e Palatino, Pompei ed Ercolano.

Da Nord a Sud si susseguono i luoghi della cultura sostanzialmente abbandonati all’anonimato. Aree archeologiche e singoli monumenti, con o senza biglietto, sono perlopiù tagliati fuori da ogni percorso turistico. Mancano spesso indicazioni per raggiungerli, e se per avventura si arriva alla meta non è detto che si possano visitare. Il personale disponibile, raccontano i funzionari delle diverse Soprintendenze, non basta quasi mai a garantire la presenza sul posto. Così si telefona e si prende un appuntamento per la visita. Ma non sempre si riesce, e non rimane che dare un’occhiata da fuori.

Può capitare anche d’imbattersi in siti “aperti”. Nessuna recinzione e nessun controllo. Ingresso libero, sempre. Sono questi i casi in cui è più facile verificare il grado di civiltà dei visitatori. Il parametro sono i danneggiamenti, le asportazioni, la presenza di “sondaggi” clandestini. Spesso i resti sono coperti da erbe infestanti, così da risultare quasi invisibili e in condizioni di conservazione precarie. Il più delle volte la manutenzione è assente, da tempo. Le aree archeologiche, soprattutto al di fuori dei centri abitati, sono spazi neutri: anziché costituire un elemento distintivo finiscono per confondersi con il contesto territoriale. Perché a contribuire all’isolamento e dunque al degrado di tanti luoghi della cultura vi sono da un lato le pianificazioni urbanistiche improprie, dall’altro un abusivismo edilizio tutt’altro che marginale. Sulle coste come nell’entroterra è visibile l’assurdità di tante situazioni. Luoghi nei quali tutela e valorizzazione mancano da sempre. Colpa di risorse finanziarie sempre più esigue, ma anche, spesso, di scelte errate. Di progetti approvati e finanziati e mai realizzati. Storie di un’Italia al contrario.

È così che il paesaggio, del quale il patrimonio archeologico è parte costitutiva, perde le sue peculiarità. Percorrendo il Paese, e concentrando l’attenzione sull’area centro-meridionale, tutto questo salta agli occhi. Da semplice racconto si trasforma in triste realtà. Se il viaggio narrato da Piovene negli anni Cinquanta è la fotografia dell’Italia tra ricostruzione e boom economico, oggi diviene la rappresentazione di un’infinità di luoghi nei quali lo Stato sembra aver perso la sua scommessa più grande. Sembra aver abdicato al ruolo di garante dell’articolo 9 della Costituzione.

L’Italia non offre solo aree archeologiche in abbandono, nelle quali i resti antichi sono quasi muti, non trasmettono informazioni, né emozioni. Ma il fatto che il numero dei siti relegati a una sostanziale marginalità non accenni a diminuire rispetto al passato recente è un segnale. Creare le condizioni per poter custodire e proteggere il nostro patrimonio culturale e artistico è molto più di un’opzione. È una necessità.

Nella foto: L’anfiteatro di Santa Maria Capua Vetere (CE), sede della prima scuola di gladiatori, non viene pulito e diserbato nelle parti costruite. La situazione degli ambienti sotterranei e delle aree precluse alla visita è precaria e non mancano gli abusi edilizi nell’area archeologica.

 

FOTOGALLERIA: http://www.nationalgeographic.it/wallpaper/2017/12/26/foto/archeologia_dimenticata-3775180/1/

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