Soddisfatta Federparchi che rappresenta la dirigenza allineata e coperta delle aree protette. Moderatamente contenta Legambiente che con Roberto Della Seta e Francesco Ferrante iniziò quella che Realacci chiama “la manutenzione straordinaria della legge 394/91” già tentata senza successo dai ministri berlusconiani Stefania Prestigiacomo e Altero Matteoli. Spara a zero la Lipu: cancellazione delle competenze per i direttori dei Parchi, politicizzazione della governance, sgretolamento dell’interesse nazionale a favore di uno sbilanciamento a favore dei poteri locali, apertura dei parchi alla caccia, umiliazione del Delta del Po condannato a rimanere diviso fra due deboli Parchi regionali (potenti gli interessi della caccia in botte e di nuove lottizzazioni).
Durissimo il Wwf: con la legge Caleo (Pd), la Camera “ha scelto di portare indietro di quarant’anni la legislazione di salvaguardia dei Parchi rendendo ‘politiche’ le nomine di presidenti e direttori”, agevolando i cacciatori, introducendo un sistema di royalties una tantum dagli utilizzatori (anche i petrolieri) per cui “non solo se paghi puoi inquinare, ma se inquini lo fai a prezzo di saldo” col rischio di aprire “il varco alle trivellazioni nei Parchi”. Come insegnano la Val d’Agri e, per i cavatori, le massacrate Alpi Apuane, tema di scontro rovente sul Piano paesaggistico toscano. Per questo la mobilitazione del Wwf e di altre associazioni contro lo Sfasciaparchi proseguirà ora che il disegno di legge, modificato, torna al Senato.
Contro di esso si sono chiaramente espressi 5Stelle e Sinistra Italiana, alla Camera Serena Pellegrino e al Senato Loredana De Petris. A Palazzo Madama avrà un peso maggiore Articolo 1. Ma si salderà l’ormai consueta alleanza fra Pd, Forza Italia, Alfano, Verdiniani, con la Lega favorevole a norme che agevolano i localismi. Già avviati con lo spezzettamento fra Lombardia, Province di Trento e Bolzano del Parco Nazionale dello Stelvio. Che il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, uno dei peggiori della storia (come Dario Franceschini lo è della Cultura, novello Nerone al Palatino in chiave rock), è andato a “benedire” felice di “avvicinare il Parco ai cittadini”. O alle lobby?
In questo ritorno al passato le Aree marine protette vengono declassate a “cenerentole” lungo quegli 8.000 Km di coste già largamente cementificate e asfaltate con litoranee, lungomare, villaggi, sacrificando il 91% delle dune: sull’Adriatico restano la Laguna di Venezia e, appunto, il Delta del Po; sul Tirreno si salvano la Maremma e, in parte, ancora le spiagge della Sardegna. In conclusione, sul piano della tutela, arretriamo di molto realizzando anni dopo i disegni peggiori dei governi di Silvio Berlusconi. Sembra un incubo. Invece, purtroppo, è realtà.
Il Fatto Quotidiano, | 27 giugno 2017