E così il progetto denominato impropriamente “Stadio della Roma” si farà. Già, impropriamente, perché quella che verrà realizzata è una operazione urbanistica nella quale lo stadio sarà solo un elemento. Neppure il più invasivo. Di certo non il più qualificante. E così il progetto che aveva attirato tante critiche sull’ex sindaco Marino e sull’ex assessore alla Trasformazione urbana, Caudo, si farà. Il progetto è stato rivisto, è vero. Non ci saranno i tre grattacieli, ma in
compenso ci sarà tutto il resto. Insomma una urbanizzazione che saturerà altri spazi, contribuirà presumibilmente ad aggravare la situazione dei trasporti di un settore della città.
Dopo mesi di riunioni e dichiarazioni, l’amministrazione comunale pentastellata ha deciso provvedendo a rimuovere ogni residua resistenza. Prima, direttamente, nel municipio IX, struttura politica nel quale ricade territorialmente il progetto. Poi, in maniera più indiretta, nella commissione regionale chiamata ad esprimersi sulla questione del vincolo sull’Ippodromo di Tor di Valle, esistente nell’area del progetto. Infine in Assemblea capitolina, dove il voto sul pubblico interesse del progetto ha chiuso la questione.
Forse il progetto stadio a Tor di Valle non è un’aggiunta, per di più illogica e pericolosa? La pianificazione urbana è una materia importante sulla quale non è possibile improvvisare. Il tema del consumo di suolo non è un argomento del quale discettare in convegni oppure in riunioni, ma una realtà con la quale confrontarsi. In entrambi i casi, aldilà delle competenze che si è in grado di mettere in campo, sarebbe necessario essere guidati da una idea condivisa di città. Il dubbio che questa idea non esista, oppure che se c’è non sia più quella che al momento della composizione della giunta indirizzò la scelta di Paolo Berdini come assessore all’Urbanistica, si rinsalda sempre più. Quella scelta significava lavorare a una città nella quale a indirizzare le operazioni non sarebbero stati i “soliti” costruttori. L’ok all’operazione Tor di Valle vuol dire rinnegare quell’idea. Sostanzialmente abbandonarsi alla convinzione che Roma debba continuare ad essere una città persa. Insomma persa al bene Comune.
Insomma, ognuno dice la sua. Ma la sostanza non cambia. Il vincolo scompare. Anche in questo caso, come già accaduto per le nomine dei Musei, ci saranno dei ricorsi. Anche se dovessero essere accolti, rimarranno indelebili le occasioni perse. Di certo quelle del M5s di cambiare il trend urbanistico della città. Della Soprintendenza di aver esercitato uno dei suoi compiti istituzionali, ovvero tutelare.
Un’altra brutta storia per Roma.