Tomaso Montanari, La linea del Piave del lavoro culturale

Oggi la linea del Piave della cultura, quella dell’ultima resistenza possibile, è la dignità minima dei lavoratori.

Oggi, 24 maggio, è la giornata nazionale contro lo schiavismo del patrimonio culturale: la Giornata nazionale di riscatto per riportare il settore culturale al centro del dibattito pubblico italiano.

Contro la retorica egemonica per cui oggi nei Beni culturali va tutto bene, madama la marchesa: «La triste realtà è quella di musei, archivi e biblioteche che chiudono, uno dopo l’altro, e i funzionari sono costretti a inventarsi soluzioni improbabili per sopravvivere, fino all’affidamento della gestione ad associazioni di volontari non qualificati».

«La verità – dicono i giovani storici dell’arte, archeologi, bibliotecari, archivisti e molti altri ancora – è che il lavoro nella Cultura in Italia c’è, e pure parecchio. Ma ci vogliono gratis, perché è su di noi che vogliono risparmiare e al contempo battere cassa. Si tratta di un dramma che interessa tutti, non solo gli addetti ai lavori.»

È proprio così: nel progetto della Costituzione la cultura serve a favorire il pieno sviluppo della persona umana. Ma se la cultura è mandata avanti da un popolo di schiavi quale umanità potrà alimentare?

La mobilitazione di oggi ha le idee chiare. Chiede di

  • «portare l’investimento dell’Italia in cultura al 1,5% del PIL, in linea con gli altri Paesi europei;
  • mettere mano alla recente riforma delle Soprintendenze, per aggiustarla con l’aiuto dei funzionari che le vivono direttamente;
  • assumere 2000 persone in tre anni nelle Soprintendenze e Musei statali, con un piano serio basato sulle esigenze: passare poi anno per anno ad assumere a seconda delle necessità del momento, per portare l’organico a poter compiere tutti i compiti specificati dal Codice del 2004.
  • Eliminare il blocco del turnover e permettere a enti locali e istituzioni culturali di assumere secondo le possibilità e le esigenze
  • Pubblicare il prima possibile i decreti attuativi della legge 110/2014, che riconosce per la prima volta 7 professioni dei beni culturali; promulgare nuove leggi che riconoscano legalmente le altre professioni di cui c’è bisogno nel settore dei beni culturali: Mediatori museali, Paleontologi, Manager del Patrimonio Culturale, e via dicendo;
  • Promuovere urgentemente nuove leggi che vadano nella direzione di regolamentare l’accesso alle professioni dei beni culturali e i compiti dei professionisti, quali anzitutto vietare a una biblioteca di tenere aperto senza la presenza di un bibliotecario qualificato.
  • Impegnarsi, nei prossimi due anni, a redigere un dossier dettagliato di tutti i luoghi culturali d’Italia chiusi o in condizioni di disagio, che necessitano investimenti per poter produrre cultura e, eventualmente, entrate economiche»,

Se un governo dovesse accogliere queste proposte diventeremmo un paradiso del lavoro culturale? No, solo un paese normale.

Oggi migliaia di laureati e dottorati ci chiedono di poter fare il lavoro per cui li abbiamo formati. Saremo capaci di ascoltarli? Saremo capaci di correggere il «secolar errore» per cui la cultura non merita risorse e investimenti?

È il nostro Piave: se saremo sconfitti su questo fronte, non ci sarà speranza di riscatto futuro.

 

http://articolo9.blogautore.repubblica.it/2017/05/24/la-linea-del-piave-del-lavoro-culturale/

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