Il Decreto del Mibact di nomina di un Soprintendente unico per le zone terremotate è in data 17 ottobre. Ad oggi, 3 novembre, il nome del nuovo Soprintendente non è ancora noto.
Eppure questi ultimi concitatissimi giorni hanno evidenziato, impietosamente, lo stato di paralisi in cui si trova la nostra struttura di tutela.
Ciò che denunciamo, in questo caso, non è solo il ritardo nell’opera di messa in sicurezza dal 24 agosto al 30 ottobre, ritardo che ha sicuramente contribuito alla perdita di monumenti e opere preziose.
L’elemento che preoccupa è l’incapacità del Ministero di dotarsi in tempi rapidi di una struttura di pronto intervento e assieme l’opacità che continua a circondare l’attività del Collegio Romano.
Gli eventi di queste settimane ci restituiscono l’immagine di un Ministero lento nell’azione – come segnalato da molte autorità delle zone terremotate, dai sindaci ai vescovi – disarticolato nella struttura di comando, sprovvisto dei più elementari mezzi di intervento a livello territoriale, immemore ed ignaro delle esperienze maturate negli eventi sismici più o meno recenti. Un misero debutto per la struttura che dovrebbe giustificare la guida italiana dei Caschi Blu della Cultura.
In uno dei rari interventi di questi giorni, il ministro Dario Franceschini – intervista al Corriere del 2 novembre- ha dichiarato: “Certe regole troppo vincolanti sono nemiche della necessaria velocità”, aggiungendo che gli interventi sul patrimonio culturale sarebbero stati affidati a Soprintendenze, Comuni e Protezione civile che “potranno agire subito”.
È quanto accaduto da martedì scorso, ma il provvedimento con cui il Commissario Errani ha autorizzato i Comuni ad intervenire anche nell’ambito del patrimonio culturale sembra piuttosto una resa del Ministero, a fronte di una sua conclamata incapacità di governo della situazione.
La stessa incapacità denunciata amaramente dalla lettera dell’ingegner Borri (che da oggi circola sui media, quasi un de profundis di una struttura definita come sistema di ‘filiere inefficienti ed inadeguate) e ora nel mirino della magistratura.
A questa resa noi non vogliamo rassegnarci e torniamo quindi a chiederle di informare nella maniera più rapida e puntuale possibile, prima di tutto le popolazioni colpite, poi tutti coloro – funzionari o esperti volontari – che in questi mesi hanno cercato, pur senza direttive, di operare per la messa in sicurezza del patrimonio, di come il Ministero intenda affrontare le prossime settimane/mesi.
Quale sia la sua strategia, con quali persone, con quali tempi e risorse.
E ancora:
Come intende coordinarsi con gli altri soggetti istituzionali?
E infine:
Che fine ha fatto la sua direttiva del 23 aprile 2015 per i danni ai beni culturali in caso di catastrofi naturali, da lei emanata proprio per superare “incertezze e improvvisazioni”?
Certi che lei non possa, né voglia rinunciare ad un rilancio dell’azione del suo Ministero, e fiduciosi che sappia adottare quel radicale mutamento degli attuali disastrosi indirizzi di governo del patrimonio come la gravità del momento impone, restiamo in attesa di un suo pronto riscontro.