Sino a qualche giorno fa Amatrice era uno dei Borghi più belli d’Italia, Accumoli un “presepe”. Piccoli centri disseminati tra i picchi dell’Appennino: una parte dell’equilibrio unico tra natura e costruito del quale andiamo fieri, luoghi dove il patrimonio culturale è un pezzo d’identità.
Se possiamo conoscere quel tessuto, è grazie ad un caso esemplare di censimento e valorizzazione intelligente del patrimonio diffuso, impostato dal personale delle soprintendenze già negli anni Settanta del Novecento. Il tessuto di edifici storici e di opere d’arte presenti sul territorio è stato oggetto di una nuova schedatura e poi di un accurato e capillare riscontro, programmato all’indomani del terremoto dell’Aquila.
A quella schedatura, dalla quale era scaturito il progetto scientifico del piccolo museo civico intitolato a Cola dell’Amatrice, ha dedicato i suoi ultimi anni di attività come funzionario MiBACT una storica dell’arte romana, Alia Englen. Con lei aveva lavorato a lungo, come collaboratrice esterna, Floriana Svizzeretto, che ha diretto fino a qualche anno fa quella struttura museale e ne aveva fatto un luogo vivo. Entrambe si erano guadagnate il titolo di cittadine onorarie di Amatrice, del cui patrimonio hanno continuato ad occuparsi per puro interesse di studio. Mercoledì notte Floriana Svizzeretto era ad Amatrice, dove passava ormai molto tempo; è stata uno degli ultimi dispersi il cui corpo sia stato ritrovato. Era una persona notevole e una studiosa di spessore. Si era laureata con un lavoro sulla pittura veneta, ma lavorando come collaboratore esterno del MiBACT si è occupata di mille cose, in modo sempre non banale. In un mondo normale avrebbe avuto da tempo il ruolo di funzionario, che ha svolto comunque benissimo, con intelligenza e passione come fanno spesso i funzionari, ai quali ormai non è uso dire grazie, persino quando li si congeda dopo un lungo e serio lavoro.
La schedatura del corpus di manufatti artistici disseminati tra Amatrice, Accumoli e le loro frazioni, corredata da un’ottima documentazione fotografica in formato digitale, può essere oggi molto preziosa per impedire che quanto resta di quel patrimonio vada disperso. È indispensabile che sia messa a frutto per il riscontro che dovrà essere svolto non appena la situazione lo permetterà, e come deterrente per i prevedibili tentativi di razzia, cui sono esposte soprattutto le frazioni più piccole. Trattenere quegli oggetti nei luoghi per i quali sono stati creati non è solo custodirne la memoria, ma anche assicurare una concreta possibilità di rinascita alle comunità di cui sono l’espressione. Emergenza Cultura chiede che di questo impegno ci si faccia carico, e in fretta.
Per questo Emergenza Cultura chiede che il Ministero per i Beni culturali renda pubblico – in tempi brevissimi – il piano per la ricognizione speditiva dei danni, e per la messa in sicurezza dei beni. È necessario che, con un’operazione di trasparenza più che mai doverosa considerati i trascorsi, tutti, e prima di tutti i cittadini delle zone colpite, conoscano, almeno a grandi linee, quale è la strategia del Mibact in termini di mezzi, tempi e personale.
31 Agosto 2016